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Poste Italiane, ecco le rassicurazioni di Padoan sulla privatizzazione

Pier Carlo Padoan

Che ne sarà di Poste Italiane dopo che il Tesoro si sarà sbarazzato di un altra fetta di capitale, il 30%, affidando così al mercato il 65% del gruppo? Le incognite non mancano di certo, i timori neppure. A cominciare da quelli dei sindacati, preoccupati tra le altre cose degli sviluppi nefasti della privatizzazione delle poste inglesi, nel 2014. Il governo ha voluto sgombrare il campo e rassicurare gli addetti ai lavori sulla bontà dell’operazione, inviando ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in Parlamento per chiarire alcuni concetti essenziali.

 QUANTO INCASSA (E COME USERA’ I SOLDI) LO STATO

Il primo chiarimento ha riguardato gli introiti dello Stato derivanti dalla cessione di un’altra tranche di capitale Poste. Il responsabile dell’Economia, ascoltato in commissione Trasporti alla Camera, ha stimato in due miliardi l’incasso dalla vendita di un altro 30% di capitale, deciso dal governo in un Cdm di fine maggio, che si va ad aggiungere al 35% collocato sul mercato lo scorso anno. Soldi che come ha garantito lo stesso Padoan andranno a finanziare “l’abbattimento del debito pubblico”, mantenendo intatta la filosofia di  fondo del governo alla base delle privatizzazioni.

VENDERE LE POSTE (E MANTENERNE) IL CONTROLLO

L’altro grande interrogativo, cui il governo ha cercato di rispondere riguarda il controllo effettivo di Poste a cessione conclusa. Perché con il 65% sul mercato, di fatto lo Stato perde la maggioranza del capitale, pur rimanendo l’azionista di riferimento. Per questo Padoan ha ribadito che no, lo Stato non perderà la sua presa sul gruppo guidato da Francesco Caio. Come? Girando il restante 35% in mano pubblica alla Cdp, che da parte sua non potrà varare operazioni degne di nota su Poste senza il preventivo assenso del Tesoro.  “Lo stesso schema di Dpcm“, ha chiarito Padoan, “prevede il mantenimento della partecipazione dello Stato, direttamente o indirettamente attraverso sue partecipate, non inferiore al 35%”. Dunque tale quota “conferita a Cdp consente allo Stato di continuare a detenere il controllo indirettamente tramite Cdp, con una quota di maggioranza e controllo, come accade con Enel, Eni o Leonardo-Finmeccanica”.

PERCHE’ QUELLA DI POSTE (NON) E’ UNA SVENDITA. ANZI

Dunque, a conti fatti, per il governo “non c’è nessuna svendita” del gruppo. Anzi, il mercato farà bene a Poste, portando nuovi investimenti, mezzo miliardo fin qui, ha ricordato Padoan, nonché un efficientamento del servizio universale. La verità è che la privatizzazione di Poste “ha migliorato l’efficienza. Non c’è una correlazione negativa tra privatizzazione ed efficienza ma positiva, per la maggiore capacità dell’impresa di trovare risorse per gli investimenti”, ha spiegato il ministro. Escludendo tra le altre cose ogni ipotesi di conflitto di interessi Mef-Cdp, visto che sarà la seconda a detenere la quota statale “ma tramite la gestione separata”, ha chiarito Padoan.

IL TURBO-OTTIMISMO DI CAIO

Sulla questione privatizzazione è intervenuto in concomitanza con Padoan anche il numero uno di Poste Caio, ascoltato dai senatori della commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama. L’ingegnere a capo delle Poste ha ricordato come l’Ipo di ottobre sia stata una manna per tutto il gruppo, il cui valore in Borsa ha registrato una crescita a doppia cifra. “Abbiamo portato l’anno scorso l’azienda in Borsa ed è stata un’operazione sicuramente di successo, secondo me anche indice di come si può lavorare bene quando si lavora in sintonia”. A tal proposito Caio ha precisato come “la performance del titolo pur in un contesto estremamente difficile  l’azione Poste ha avuto un andamento di circa il 18% rispetto all’indice borsistico italiano”. L’ottimismo di Caio ha poi valicato i confini della privatizzazione, arrivando fino al servizio universale di Poste, alle prese con cuna profonda ristrutturazione, anche in ottica liberalizzazione del servizio recapiti, a cominciare da quello legale. Che è per Caio certamente “un elemento di forte perdita anche se ci siamo dati l’obiettivo, con la consegna a giorni alterni e l’aumento della logistica, portarlo in pareggio per il 2020: e’ un obiettivo sfidante ed e’ importante che rimanga il dialogo con le istituzioni per assicurare che tutti i passi della trasformazione e della riforma vengano fatti in tempo”.

SPEZZATINO NON TI CONOSCO

Caio ha infine risposto alle accuse di voler fare lo spezzatino di Poste, arrivate per lo più dai sindacati. Tutto respinto prontamente al mittente “Abbiamo letto che esiste una preoccupazione di alcune parti sociali circa la possibilità di spezzatino dell’azienda nel processo di un’ulteriore vendita sul mercato. Questo non e’ nei piani nel management”. Ipse dixit.

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