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Brexit e referendum in Italia, funzionano ancora gli uomini soli al comando?

La politica contemporanea, impegnata a sostenere le ragioni di interessi economici e finanziari consolidati, si sposa bene con l’idea dell’uomo solo al comando, sempre debole e con incerta personalità, pronto ad ascoltare, a prendere ordini, a eseguire. Mai sarebbe possibile attuare un’azione ancillare finalizzata a garantire gli interessi forti con una miriade di partiti, di gruppi parlamentari e vari arnesi complicati della democrazia rappresentativa. Il declassamento della nostra Camera Alta alla stregua di assemblea quasi ornamentale non va pur esso nel senso indicato?

Accadrà che qualche mezzo di informazione, parlato o scritto, si sbraccerà per denunciare una tanto deprecabile condizione, ma sarà sovrastato da altri giornali e mezzi di comunicazione radiotelevisivi, pubblici e commerciali, che collegati all’uomo solo al comando lo copriranno, proteggendolo nel suo agire e in ogni dichiarazione resa. Il predestinato, consapevole della benevolenza assicurata dai mass media amici, non si preoccupa più di tanto di elaborare programmi e proposte nell’interesse generale della comunità nazionale. Egli si adopera per portare avanti quei provvedimenti graditi ai soci di riferimento.

E’ questa la crisi della politica: abbandono degli interessi generali per lasciare spazio a quelli che contano di più. Si è sempre saputo che in democrazia l’interesse da garantire non è quello quantitativamente numeroso, ma quello qualitativamente nobile e l’interesse qualitativamente nobile è quello debole, altrimenti il processo di libertà si arresta e la democrazia non è più in grado di arricchire, non in termini economici, ma la coscienza umana di valori civili. L’interesse generale, quindi, al di sopra di tutto, a costo di doversi assumere responsabilità dolorose e non previste. L’esempio più illuminante c’è stato in queste settimane con il referendum nel Regno Unito che ha portato alla Brexit, e che sta destando enorme delusione in coloro che avevano assegnato fiducia a Nigel Farage dimissionario leader degli ultra conservatori. Non hanno reagito meglio gli elettori dei Toryes che speravano nella successione a Cameron di Johnson, rinunciatario, anche quest’ultimo pro-Leave. Un tradimento che peserà moltissimo nel panorama politico dell’UK.

C’è bisogno di alte virtù per essere al servizio dei propri rappresentati, non ultimo il grande coraggio. Essere esecutori di volontà di gruppi, di lobbies, di interessi particolari è semplice, ma non è il compito della vera politica, che non a caso perde credibilità giorno dopo giorno, non recuperabile semplicisticamente con dichiarazioni sensazionali. E’ ormai abitudine di un malcostume supponente che i partiti, per conservare il potere posseduto, richiamano di volta in volta sulle prossime scadenze elettorali (elezioni, referendum), come il più importante accadimento del secolo. E’ diventata non a caso da qualche tempo la costante tattica dell’agire di alcuni esponenti politici, che con arroganza rinnovano la continua drammatizzazione dell’insignificante per recuperare consensi, ma la gente non ci casca più. Basta spulciare le cifre degli astenuti per rendersene conto. Per farvi fronte è necessaria la buona politica.

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