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Cosa pensano Galantino, Bagnasco e Tauran di Islam, guerre e religioni

Scrive Massimo Franco sul Corriere della Sera che “agli attriti dottrinali si sta aggiungendo come detonatore il giudizio sull’islam, sulla scia delle stragi terroristiche in Europa”. Il tema del giudizio sull’islam fondamentalista “esiste”, nota Franco, e “c’è attesa perché Francesco dica qualcosa di più, dopo avere precisato che sebbene sia in atto una guerra, non può essere definita di religione”.

NO ALLO SCONTRO DI CIVILTA’

L’impressione, aggiunge l’editorialista del Corsera, “è che Francesco stia ancora prendendo le misure al fenomeno. Sa che dietro le spinte a condannare il terrorismo di matrice islamica possono spuntare quelle tese a trasferire la blindatura sul piano della sicurezza a uno scontro di civiltà religiose che piace tanto ai nostalgici del tradizionalismo ma può fare danni imprevedibili quanto duraturi”.

LE PAROLE DEL PAPA

In questi giorni, dopo lo sgozzamento di padre Jacques Hamel, il sacerdote ultraottantenne ucciso da due affiliati allo Stato islamico mentre celebrava la messa, sui giornali c’è stato un profluvio di interventi di presuli a invocare calma e a precisare in ogni modo che non è in corso nessuna guerra di religione. La linea l’ha dettata il Papa, conversando con i giornalisti a bordo dell’aereo che lo stava portando in Polonia per la Giornata mondiale della Gioventù. “Quando io parlo di guerra, parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione, no. C’è guerra di interessi, c’è guerra per i soldi, c’è guerra per le risorse della natura, c’è guerra per il dominio dei popoli: questa è la guerra. Qualcuno può pensare: ‘Sta parlando di guerra di religione’. No. Tutte le religioni vogliamo la pace. La guerra, la vogliono gli altri. Capito?”.

GALANTINO: “NO A LOGICHE DI VENDETTA”

Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, poche ore prima delle dichiarazioni papali, aveva ammonito: “Non vorrei che la paura venisse strumentalizzata ad arte”. Lo diceva al Corriere della Sera, aggiungendo che “noi vescovi siamo subito usciti con una nota che invita a evitare logiche di chiusura e di vendetta, per contribuire alla costruzione di una società riconciliata e aperta alla speranza. La cattiveria, la ritorsione e la violenza – anche se solo verbali – non servono a risolvere i problemi della collettività”. Il dialogo, chiosava Galantino, “è il luogo in cui le religioni sono chiamate a offrire un contributo decisivo alla crescita di una cultura dell’incontro”.

LA “CONDANNA AL DIALOGO DISARMATO”

“Siamo condannati al dialogo”, lo dice spesso anche il cardinale Jean-Louis Tauran, grande conoscitore della realtà islamica e attuale presidente del Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso. Tauran ha rilasciato nei giorni scorsi due intervista. Nella prima, a Repubblica, sostiene che “non è giusto davanti a questi attentati parlare di religione. Si tratta di persone traviate che poco hanno a che fare con l’islam stesso e con qualsiasi religione. Siamo davanti al nulla e portare tutto sul piano religioso non ha alcun senso”.

TAURAN: “C’E’ UNA SOLA RISPOSTA POSSIBILE”

La risposta, precisava il porporato francese, “è sempre e comunque il dialogo, l’incontro. Per interrompere la catena infinita della ritorsione e della vendetta, l’unica strada percorribile è quella del dialogo disarmato. In sostanza, dialogare significa andare all’incontro con l’altro disarmati, con una concezione non aggressiva della propria verità, e tuttavia non disorientati, che è l’atteggiamento di chi pensa che la pace si costruisce azzerando ogni verità”.

EDUCAZIONE E FORMAZIONE

Ad Avvenire, venerdì, lo stesso Tauran ha sottolineato che “attualmente non c’è una guerra tra le religioni. Sono del parere che la religione fa parte della soluzione dei problemi. Non si comprende il mondo di oggi senza il fattore religioso. Parliamo di guerra, perché gli strumenti usati sono quelli, ma non abbiamo di fronte soldati e qualcosa di convenzionale”. Il grande problema, diceva Tauran, “è l’educazione, da una parte e dall’altra. I cristiani hanno un grande impegno da portare avanti e vogliono dare dei contenuti alla fede, se vogliono che la fede abbia senso per loro stessi. Di fronte a dei seguaci orgogliosi della loro fede, noi cristiani dobbiamo portare avanti il dialogo e la formazione per noi stessi”.

L’AIUTO DELLA COMUNITA’ ISLAMICA

Sul tema è intervenuto anche il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, che dopo aver constatato che “è preoccupante ed evidente il progetto di un salto di qualità del terrorismo per far credere che ci sia una guerra tra religioni”, ha auspicato “un aiuto del mondo musulmano nel condannare con estrema chiarezza questi fatti. Per aiuto intendo che il mondo musulmano faccia sentire la sua voce alta, unitaria, ripetuta, decisa, priva di qualsiasi ambiguità e che esprima un’assoluta condanna proprio per isolare quei fondamentalisti che si servono delle categorie religiose per raggiungere ben altri scopi”.

L’INIZIATIVA DELLE COMUNITA’ MUSULMANE

Un primo segnale è giunto, con la disponibilità di tante associazioni musulmane (in Francia come in Italia) a partecipare, domenica, alle messe cattoliche come segno di partecipazione e di presa di distanze dal fondamentalismo. “Un gesto enorme”, l’ha definito la Conferenza episcopale italiana tramite il suo portavoce.

“L’EUROPA SI RIAPPROPRI DELLA SUA CULTURA”

C’è però un secondo punto, notava Bagnasco, che “riguarda noi, cioè l’Europa e l’occidente, che non mi sembra abbiano compiuto la debita ed essenziale riflessione, quella culturale. Il nostro continente dovrebbe riappropriarsi della propria cultura che ha, nelle radici, una visione antropologica e ideale cristiana, e  lo dico senza voler offendere nessuno e senza aver paura di nessuno. L’Europa dovrebbe riproporre ai propri cittadini una visione alta e personalistica della società, dove la persona sia davvero al centro di una precisa visione antropologica, non nel segno dell’individualismo ma della solidarietà. E’ un approccio intrinsecamente cristiano”.

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