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Come e perché Israele ed Egitto si strizzano l’occhio alle spalle della Francia

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, proprio non ce la fa a stare con le mani in mano. Dopo aver apportato una significativa modifica alla coalizione di maggioranza, facendosi promotore del governo più a destra della storia (qui l’articolo di Formiche.net), ripristinato i rapporti con la Turchia, mettendo fine a sei anni di silenzio (qui l’articolo di Formiche.net), ed essersi recato in visita ufficiale in Africa, il numero uno del Likud ha incontrato il ministro degli Affari esteri egiziano, Sameh Hassan Shoukry.

Dopo nove anni di assenza, il rappresentante della diplomazia egiziana torna in Israele. Tema principale dell’incontro, la ripresa dei negoziati di pace tra Israele e Palestina, di cui l’Egitto vuole imporsi come principale promotore a spese della Francia, secondo il Jerusalem Post.

LA VISITA DI SHOUKRY, UN PRIMATO

Sameh Shoukry, giunto in Israele domenica pomeriggio, è il primo ministro degli Affari esteri egiziano a recarsi nello Stato ebraico, da nove anni a questa parte. L’ultima visita è datata 2007. Un incontro storico quello tra Shoukry e Netanyahu, se si considera che solo qualche mese fa un membro del parlamento egiziano, Tawfik Okasha, era stato espulso dall’assemblea per essere stato ospite a cena dall’ambasciatore israeliano al Cairo (qui l’articolo di Formiche.net)

CHE COSA SI SONO DETTI SHOUKRY E NETANYAHU

Parlando con alcuni giornalisti, prima di prendere parte all’incontro con Netanyahu, il ministro egiziano, che lo scorso mese ha incontrato anche il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, ha ribadito l’impegno del Cairo “nello stabilire un accordo di pace tra israeliani e palestinesi, per porre fine al lungo conflitto”, come riporta il quotidiano israeliano The Time of Israel.

“L’Egitto è pronto ad assistere il raggiungimento di questo obiettivo, che avrà un impatto positivo, sebbene realizzabile nel lungo periodo, su tutto il Medio-Oriente. Lo stato delle cose, al momento, non è né stabile, né sostenibile”, ha proseguito Shoukry.

Netanyahu ha fatto gli onori di casa, accogliendo il ministro egiziano e ricordando che l’accordo firmato nel 1979, tra Gerusalemme e il Cairo (la pace tra Egitto e Israele di cui furono promotori al-Sadat e Begin), ha giocato un ruolo fondamentale nella stabilizzazione della regione. Il premier israeliano ha ringraziato la leadership egiziana per “lo sforzo compiuto recentemente nel far progredire i negoziati di pace con i palestinesi e nella regione tutta” e ha anche sfruttato l’occasione per esortare i palestinesi “a seguire il coraggioso esempio di Egitto e Giordania che hanno scelto di negoziare direttamente con Israele”, scrive The Time of Israel.

Secondo fonti ufficiali, l’incontro tra le parti si sarebbe svolto “in un’atmosfera molto positiva”. Il premier israeliano e il ministro egiziano hanno affrontato diverse questioni, prima tra tutte il processo di pace con i vicini palestinesi – rispetto al quale, è evidente, il generale Abd al-Fattah al-Sisi è intenzionato a giocare un ruolo fondamentale, come fece a suo tempo Anwar al-Sadat – e, più in generale, lo sviluppo della regione.

Una radio israeliana ha affermato che scopo dell’incontro sarebbe anche gettare le basi per una possibile visita di Netanyahu al Cairo, ma fonti ufficiali non si sono ancora pronunciate a riguardo.

IL PIANO DI AL-SISI

L’incontro tra Netanyahu e Shoukry, ultima mossa che va a completare la terzina messa a segno con il ritorno dell’ambasciatore egiziano a Tel-Aviv, e il discorso pronunciato dal presidente egiziano, a maggio, in favore dell’accordo di pace tra israeliani e palestinesi, si inscrive in un disegno di più ampio respiro al quale il generale al-Sisi sta lavorando da tempo.

Il presidente egiziano è consapevole di non poter calcare la mano, per evitare di inimicarsi il fronte islamico, che resiste nonostante la deposizione di Mohamed Morsi, e quello nazionalista, ancora fedele all’ideologia panaraba figlia del nasserismo. Al contempo, però, è evidente che il generale al-Sisi stia mettendo in campo una strategia atta a mostrare i muscoli del suo Paese.

Come scrive il Jerusalem Post, “la visita è finalizzata a mostrare al mondo intero, e in particolar modo a quello arabo, che l’Egitto reclama la propria posizione da leader in Medio-Oriente”. Sempre secondo il quotidiano israeliano, “al momento il Paese sta vivendo una condizione di relativa stabilità: nel 2015 si è registrata una crescita economica del 4.2 per cento e cifre simili sono attese per l’anno corrente […] Sisi può anche vantarsi per il relativo successo ottenuto nel combattere il terrorismo islamico che minaccia la zona del Sinai. Più di 1000 terroristi sono state uccisi e la battaglia non è ancora finita”.

PERCHé ISRAELE PREFERISCE L’EGITTO ALLA FRANCIA

“Rivendicando il ruolo che per anni è stato rivestito da Hosni Mubarak, prima di essere deposto nel 2011, come principale attore nel processo diplomatico intrapreso tra israeliani e palestinesi, l’Egitto sta cercando di mettere da parte la Francia e il suo tentativo di organizzare una conferenza di pace internazionale prevista per dicembre”, scrive il Jerusalem Post.

Se è chiaro che l’Egitto voglia ripristinare il proprio ruolo in Medio-Oriente, consapevole che per far questo è necessario giocare a fare la parte del buon mediatore, Israele sembra essere ben disposto ad avallare i piani del vicino, per trarne un personale vantaggio. “Itzhak Levanon, che è stato ambasciatore israeliano in Egitto dal 2009 al 2011, ha affermato che sia l’Autorità nazionale palestinese, che Israele, preferirebbero un coinvolgimento del Cairo, piuttosto che di Parigi, nel tentativo di raggiungere un accordo di pace”, scrive il Jerusalem Post. Che i due storici nemici siano d’accordo almeno nel non voler dimenticare il pasticcio diplomatico di cui furono artefici Francia e Gran Bretagna a cavallo tra le due guerre mondiali?

Secondo Levanon, Abbas preferirebbe la mediazione egiziana a quella francese perché sa che al-Sisi manterrebbe una posizione coerente in sede di negoziato e non tradirebbe le aspettative palestinesi: la creazione di uno stato indipendente secondo i confini vigenti nel 1967, prima dello scoppio della guerra dei sei giorni. Allo stesso modo, anche Israele sarebbe più favorevole a negoziare al cospetto dell’Egitto perché, come ha spiegato Levanon, “l’Egitto sa molte più cose della Francia […] L’Egitto ci conosce e può convincere i palestinese ad adottare una linea meno intransigente”.

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