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Il pessimo esempio che arriva dalla Louisiana

Lingotto, 5 stelle, molestie

Sarebbe un errore pensare che la crisi dell’Occidente, della sua cultura e della sua politica, sia causata solo da fattori esterni. A mio avviso, essa è causata anche dal predominio sempre più evidente, nelle istituzioni e nella cultura diffusa, di stilemi e contenuti di pensiero a dir poco contraddittori. Ecco allora che anche quella che a parola viene esaltata un po’ da tutti come la nostra più grande conquista, la civiltà del diritto, sembra perdere come d’incanto, forse senza neppure una precisa consapevolezza, quella che è da sempre la sua cifra caratterizzante: l’universalità formale, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (che è poi a ben vedere, almeno per un liberale, l’unico tipo di uguaglianza accettabile).

Succede allora che nei tribunali risuoni sempre l’aurea massima che la “legge è uguale per tutti”, ma che innumerevoli codicilli rendano alla fine vera anche l’altra paradossale massima, di orwelliana memoria, secondo cui alcuni cittadini “sono più uguali degli altri”. L’ultimo esempio lo apprendiamo da un articolo di Serena Danna, pubblicato ieri dal Corriere della sera: da oggi in Louisiana entra in vigore una legge, fortemente voluta dalle forze dell’ordine, che equipara i crimini contro la polizia a quelli d’odio, con tutte le aggravanti del caso. Ora, a parte il fatto che un provvedimento siffatto si autoelide con quello, già in vigore, che aggiunge l’aggravante di odio razziale nel caso dell’omicidio, anche da parte della polizia, di un afroamericano, quello che risulta evidente da tutta la faccenda è che è sempre all’opera una mentalità giuridica (e politica) che ragiona non per individui ma per gruppii o categorie. Sia che intenda stigmatizzarli, sia che li voglia proteggere e tutelare. Quello che è un ottimo proposito, difendere le minoranze, trasposto in ambito legislativo è come si capovolgesse: “summa ius summa iniuria”, come dicevano gli antichi. Non solo perché le minoranze protette sono spesso solo quelle organizzate, ma anche perché il presupposto della nostra civiltà occidentale è la centralità dell’individuo, uomo o donna che sia. È come se di questo ce ne fossimo dimenticati.

Certo, l’individuo non è un dato preesistente ed è anch’esso emerso dalla e nella storia: solo gradualmente si è passati dall’indifferenziato tribale e dal comunitarismo pagano al predominio della concezione dell’uomo-Dio propria del cristianesimo. Ove l’uomo non è l’astratta Umanità, ma ognuno con la sua singolare specificità e particolarità. Il rapporto con Dio, nel cristiano, è sempre personale, è sempre del singolo. Ed è questa sua specifica dignità che si è perfezionata e travasata nell’individuo liberale, che non a caso è il centro del pensiero della civiltà moderna e occidentale. Lo stesso diritto moderno si fonda sulla centralità dell’individuo, sulla sua responsabilità e sulla imputabilità a lui e solo a lui di eventuali crimini e misfatti.

Un provvedimento come quello adottato dallo stato della Louisiana è uno dei tanti esempi, secondo me, di una deriva “essenzialistica” che non sempre riusciamo più a capire e contrastare.

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