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Ecco chi Matteo Salvini corteggia con le sue smoderatezze

Matteo Salvini, dunque, ne ha fatta un’altra delle sue in quell’eterno inseguimento dell’altro Matteo, Renzi, per la conquista delle prime pagine dei giornali. E nell’altro, non meno infelice inseguimento ieri di Silvio Berlusconi e ora di Stefano Parisi per mettersi alla testa di quello che per più di vent’anni ci siamo abituati a chiamare, a torto o a ragione, centrodestra.

Questa volta, anziché giocare con qualche bambola gonfiabile scambiandola di proposito con la presidente della Camera Laura Boldrini, che non è proprio in cima alle sue preferenze per quella “mania” di volere “includere” gli immigrati, il segretario leghista ha voluto giocare con la maglia della divisa della Polizia. Che ha indossato per difenderne il Corpo mal pagato e insieme assegnargli il compito opposto a quello rivendicato dalla presidente della Camera: escludere gli immigrati ripulendone città e borghi d’Italia. Cosa che ha messo quanto meno in imbarazzo i rappresentanti sindacali, ma anche i vertici della Polizia. E in allarme i Carabinieri, le guardie di Finanza, i vigili urbani e tutti gli altri che portano un copricapo con visiera e di cui Salvini si è proposto di indossare maglie o divise intere per associarli alla stessa impresa di ripulire il Paese dei troppi immigrati clandestini rovesciati sulle coste dalla miseria e dalla malavita scafista. Una massa di poveracci che l’Italia è costretta ad ospitare anche dall’insipienza, a dir poco, dei soci dell’Unione Europea che non hanno la sfortuna di avere la maggior parte delle loro frontiere fatte d’acqua, nel vero senso della parola.

Pur al netto delle ragioni che in tema di immigrazione sicuramente ha quando denuncia il menefreghismo egoistico di Paesi  che sono invece col fucile spianato sui nostri conti per difendere – dicono – gli interessi delle nostre nuove generazioni, ma ancor più quelli di casa loro, non si capisce francamente come Salvini possa davvero pensare di assumere la guida del centrodestra, vecchio o nuovo che sia, o comunque vorrà tentare di chiamarlo Stefano Parisi come fiduciario di Berlusconi. Nel centrodestra di Salvini i moderati, francamente, mi sembrano destinati allo stesso trattamento da lui preteso o preferito per gli immigrati: gente di cui ripulire il Paese, accettandone solo l’ossimoro di moderati “incazzati”, per ripetere un aggettivo che lui usa di frequente e che non dispiace neppure a editorialisti che vantano o presumono lettori da sballo, anche se i loro giornali, in verità, soffrono più d’altri nelle maledette edicole.

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Al massimo, i moderati che Salvini rischia di catturare con le sue sortite sugli immigrati sono quelli di sinistra che trascorrono a Capalbio, chiamata anche “la piccola Atene”, le loro vacanze, d’estate e di ogni altra stagione, avendo i soldi per permettersele sempre. Costoro sono infatti insorti, insieme col sindaco del Comune, contro la decisione del Prefetto di Grosseto di mandarvi a trascorrere non le vacanze ma il tempo perduto delle loro pratiche di accoglienza una quarantina di profughi siriani. Che, magari, avrebbero preferito essere selezionati dalla cancelliera tedesca ma si ritrovano adesso in un pezzo della Maremma toscana, pur tanto decantato dalle cronache mondane.

Incoraggiato da cotante proteste, e quindi al riparo da possibili accuse di essere un fottuto reazionario, un parroco della Maremma ha colto la prima occasione liturgica d’incontro con i fedeli per ricordare un vecchio adagio popolare secondo cui l’ospite dopo tre giorni puzza. Alla faccia, direi, del povero Papa Bergoglio, che alla Boldrini fa il solletico nella concorrenza sul fronte dell’inclusione.

Vedrete che prima o dopo, comunque prima della fine della stagione, magari nei giorni scelti da Stefano Parisi per la Conferenza programmatica annunciata a Milano, e dove il segretario leghista ha poca o alcuna voglia di andare, Matteo Salvini raggiungerà a Capalbio i moderati di sinistra, e anche qualche rivoluzionario flaccido per età e pinguedine, per ricordare loro le origini rosse, anzi rossissime, della Lega certificate una volta in un congresso del Carroccio da quello specialista d’anagrafe politica che era, ed è rimasto, per quanto rottamato, Massimo D’Alema.

Per l’approdo a Capalbio Salvini avrà prenotato una bella divisa della Guardia Costiera.

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I moderati in Italia, Capalbio a parte, hanno avuto davvero un destino “cinico e baro”, come ebbe a dire una volta dei socialdemocratici Giuseppe Saragat commentando una delle tante delusioni elettorali del suo partito. E’ capitato loro di essere corteggiati, ad un certo punto della storia del secondo dopoguerra, addirittura dal Pci di Enrico Berlinguer. Che proprio inseguendo i moderati, non certamente i contestatori reduci dal 1968, tentò il sorpasso sulla Dc, mancandolo di pochi punti nelle elezioni regionali del 1975, retrocedendo l’anno dopo grazie allo slogan inventato da Indro Montanelli di votare per lo scudo crociato turandosi il naso e infine centrando l’obbiettivo troppo tardi per investirlo politicamente, da morto: nelle elezioni regionali del 1985, quando le porte della maggioranza e del governo al Pci erano state ben chiuse dalla ritrovata alleanza fra la Dc e il Psi di Bettino Craxi, approdato peraltro nel 1983 a Palazzo Chigi.

Corteggiati da tutti, ben prima dell’arrivo sulla scena politica del moderato per antonomasia di nome Silvio e cognome Berlusconi, i moderati italiani hanno sempre finito per trovarsi con una mano davanti e l’altra di dietro. E adesso qualcuno addirittura li spinge o saltare sulle ruspe di Salvini o a divertirsi nelle piazze di Beppe Grillo. O a saltare in quella specie di caravanserraglio che è rimasto il Pd anche con l’arrivo e la guida di Matteo Renzi, costretto a guardarsi ogni giorno più dagli avversari interni che da quelli esterni, non a caso accomunati nel fronte del no referendario alla sua riforma costituzionale. E smaniosi non tanto di bocciare le modifiche alla Costituzione, quanto di mandare a casa lui.

Il povero Renzi è costretto ora a scommettere, per vincere, sull’aiuto dei moderati della “finanza mondiale”, evocata con compiacimento dai giornali del gruppo Monti-Riffeser perché anche il Wall Street Journal, dopo il New York Times e il Financial Times, ha definito la prospettiva di una vittoria del no referendario in Italia a qualcosa di ancora più grave e destabilizzante della Brexit, cioè dell’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea.

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