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Perché le polemichette sui terremoti sono una catastrofe politica

RENZI AD AMATRICE, terremoti, terremoto

Purtroppo i primati d’Italia in Europa non sono solo quelli del debito pubblico e della crescita zero del pil, almeno di quello appena registrato dall’Istat. C’è anche il primato del rischio sismico, com’è tornato a ricordarci il terremoto che ha sconvolto la parte centrale del Paese, dove mentre scrivo si scava ancora per cercare di estrarre morti, e spero anche vivi. Una tragedia che si ripete da tempo, a soli sette anni di distanza stavolta da quella dell’Aquila. E come allora Silvio Berlusconi, anche ora il giovane presidente del Consiglio Matteo Renzi è stato costretto a correre nelle zone devastate e impegnare il governo per una “ricostruzione vera e con tempi certi”, con spirito esplicitamente e inopportunamente polemico verso quanto fu fatto in Abruzzo nel 2009.

Di solito, i governi di fronte a questo tipo di tragedie si rivelano inadeguati e inadempienti. Ricordo una sola eccezione nella mia ormai lunga attività professionale: quella del 1976, quando nel Friuli terremotato la ricostruzione partì subito e bene. E si concluse altrettanto bene e rapidamente grazie forse, più che di un governo, o di una legge, alle capacità organizzative straordinariamente manifestate dall’uomo al quale l’esecutivo affidò l’incarico di commissario: Giuseppe Zamberletti. Fu un mostro di lavoro e di bravura, che andrebbe richiamato in servizio, anche alla sua bella età. Un mostro in sintonia con una popolazione straordinaria, che si asciugò subito le lacrime e si mise all’opera, senza inutili recriminazioni e polemiche.

I processi alla politica e tanto più quelli alla scienza, che purtroppo in Italia si è riusciti a fare anche materialmente, sono inutili. L’imprevedibilità dei terremoti, e dei suoi effetti, è sempre altissima, se non assoluta.

Alessandro Sallusti sul Giornale della famiglia dell’ex presidente del Consiglio ha fatto bene a lamentare lo “sciacallaggio della sinistra”, allora naturalmente all’opposizione, praticato contro Berlusconi, e Guido Bertolaso, per i soccorsi e la ricostruzione all’Aquila e nelle altre località abruzzesi colpite dal terremoto nel 2009. Ne ha avuto il diritto, Sallusti, nel momento in cui ha responsabilmente dismesso l’animosità politica, a dir poco, nei riguardi di Renzi e gli ha gridato “Forza” su tutta la prima pagina, accomunandolo a tutti gli italiani, a cominciare naturalmente dai terremotati. Bel gesto, caspita, opposto a quello di altri giornali, diciamo così, di area moderata o di centrodestra. Non faccio nomi né di testate né di direttori per carità professionale.

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Ma il problema ora non è solo quello di ricostruire bene e presto ciò che è stato distrutto e di assistere le popolazioni colpite impiegando certamente più dei 234 milioni di euro attinti da ciò che rimane del fondo nazionale per l’emergenza. Il problema, sollevato giustamente da uno specialista come Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, è di mettere finalmente in sicurezza antisismica, davvero e non a parole, il territorio italiano.

Occorre un piano trentennale, di tre o quattro miliardi di euro l’anno, per salvaguardare gli edifici inadatti nelle condizioni attuali a superare anche modesti terremoti. La prevenzione, fra l’altro, ridarà fiato all’edilizia e a tutti i settori collaterali, si tradurrà in ripresa economica e farà risparmiare negli interventi che saranno necessari nei prossimi episodi sismici.

Non a caso a Norcia, dove la ricostruzione dopo il terremoto del 1979 è stata fatta a dovere, le scosse sismiche questa volta non hanno fatto danni.

Per un piano trentennale di messa in sicurezza sismica del Paese l’Italia avrà ben il diritto – ha osservato Boschi – di chiedere e ottenere dall’Unione Europea la flessibilità nell’applicazione dei famosi, maledetti parametri. E Renzi potrà ben passare “alla storia” del Paese, visto che ci tiene tanto, alla sua età e con l’energia che si ritrova e insospettisce tanto gli avversari: ben più meritoriamente, credo, che per una riforma costituzionale –quella sotto procedura referendaria- sicuramente preferibile al nulla ma altrettanto sicuramente pasticciata.

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Sulla riforma costituzionale e sulla relativa campagna referendaria, per quanto la data del referendum non sia stata ancora fissata, sarebbe opportuna in questi giorni una moratoria. Non foss’altro per ragioni di decenza, di fronte al dramma di tanta gente.

Una moratoria ci vorrebbe forse anche per le polemiche su immigrati, burka, burkini, veli, cannabis, feste dell’Unità, Massimo D’Alema, Stefano Parisi, Renato Brunetta, Matteo Salvini, Beppe Grillo e altro ancora. Ma non c’è da farsi soverchie illusioni. Lo spettacolo del teatrino della politica continuerà inesorabilmente, o riprenderà subito. E dovremo occuparcene, col naso montanellianamente turato.

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