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Così il Meeting di CL a Rimini arruola Fausto Bertinotti tra i collaboratori

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Un anno fa aveva preso parte al Meeting di Rimini in qualità di ospite. Peraltro, un ospite d’eccezione: gli era stato riservato uno degli incontri più importanti, in dialogo con un leader laico di Cl come il costituzionalista Andrea Simoncini (nella foto, l’incontro dell’anno scorso; qui la trascrizione integrale). Era stato per lui il primo bagno di folla con il popolo ciellino, che poi ha imparato a conoscere nei mesi successivi, quando ha girato mezza Italia per presentare il libro del leader di Comunione e liberazione don Julián Carrón, presente anche lui in alcune occasioni. Questo avvicinamento al Movimento fondato da don Luigi Giussani è finito sotto gli occhi dei giornaloni, fino all’ormai celebre intervista al Corriere della Sera in cui ha dichiarato che “il movimento operaio è morto, in Cl ho trovato un popolo”.
Ebbene, dopo tutto questo percorso Fausto Bertinotti da applauditissimo ospite del Meeting (qui l’approfondimento di Formiche.net sul suo avvicinamento a don Carrón) ciellino è diventato uno dei tanti che (seppure in piccola parte) hanno dato una mano per costruirlo. Da invitato a collaboratore, se così si può dire.

LA MOSTRA SUI MIGRANTI

L’ex presidente della Camera quest’anno non risulta tra i 278 relatori che intervengono ai 106 incontri in programma alla kermesse romagnola, iniziata venerdì con l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per poi concludersi giovedì 25. Chissà, magari farà un salto tra i padiglioni della Fiera di Rimini, e i riflettori torneranno a puntarsi su di lui per parlare dell’ex comunista convertitosi sulla via ciellina. Tuttavia, un po’ di Bertinotti in questo Meeting c’è, e non del tutto in secondo piano. Basta andare a visitare una delle mostre principali della manifestazione, quella sull’immigrazione (Migranti, la sfida dell’incontro è il titolo) per scoprire che tra i primi ad aver dato un “contributo prezioso” (così si legge) c’è proprio l’ex leader di Rifondazione Comunista. L’esposizione, curata dal caporedattore di Avvenire Giorgio Paolucci, è un viaggio alla scoperta del complesso fenomeno dell’immigrazione, un tentativo di sfatare i miti della vulgata mediatica senza la pretesa di fornire una ricetta risolutoria ma per suggerire una chiave di lettura (uno sguardo, in lessico ciellino) a partire dalle parole di Papa Francesco: i migranti, prima di essere numeri, sono persone.

IL CONTRIBUTO DI BERTINOTTI

Il pensiero di Bertinotti si innesta alla perfezione nel filo rosso di questa mostra, lontanissima dalle sensibilità della destra salviniana e molto più vicina al modello di accoglienza adottato dagli ultimi governi. “Ad accogliere i nuovi arrivati, a proporre un orizzonte di speranza e di convivenza è rimasta solo la Chiesa. Nella politica non c’è un equivalente dell’appello rivolto dal pontefice alle parrocchie per offrire ospitalità ai migranti” dice Bertinotti nel suo intervento pubblicato a grandi caratteri in uno dei pannelli della mostra. “La mia storia – continua . mi ha reso consapevole della necessità dell’amore come elemento fondativo nella costruzione di nuovi rapporti sociali, in particolare di quando si parla di rapporto con la diversità”. E ancora: “Senza questa riaffermazione della centralità dell’amore contro l’aria del tempo che viviamo, che è sostanzialmente un’aria intrisa di cinismo, l’elemento guida delle politiche pubbliche sarà la pena. Andremo sempre più verso l’adozione di logiche securitaire, in forza delle quali tutte le diversità verranno avvertite come realtà minacciose e quindi da reprimere”.

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