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Mps, che cosa succede alla poltrona di Fabrizio Viola?

Di Michele Arnese e Federico Fornaro
Banca Etruria

Che succede ai vertici di Mps? È la domanda che sotto voce circola in ambienti finanziari e istituzionali dopo le ultime mosse e le ultime novità che arrivano dal Monte dei Paschi di Siena: il piano per il salvataggio e il rilancio che sta per cambiare con l’operazione sui bond subordinati (qui l’approfondimento di Formiche.net), i rapporti sotto i riflettori fra presidente e amministratore delegato, le difese del capo azienda da parte di alcune testate specializzate. Sono alcuni degli aspetti che inducono addetti ai lavori e osservatori a chiedersi della stabilità della poltrona di Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps, che sta curando il piano per dare un futuro solido all’istituto senese.

IL RUOLO DEL PRESIDENTE TONONI

A incuriosire analisti ed esperti è tra l’altro l’atteggiamento del presidente di Mps, Massimo Tononi. Quest’ultimo, il 26 agosto, ha cercato di mettere a tacere le indiscrezioni che danno per tramballante la poltrona su cui siede l’amministratore delegato. Tononi, in particolare, ha voluto chiarire che “le notizie risultano prive di fondamento. Colgo l’occasione – ha aggiunto il presidente di Mps – per ribadire nuovamente la mia piena fiducia e stima a Fabrizio Viola per il lavoro svolto e che continueremo a svolgere in futuro”. Tuttavia, perché Viola possa mantenere le redini della banca, non sono certo sufficienti la volontà e la fiducia di Tononi (va ricordato in proposito che il primo socio singolo con il 4% della banca è ora il Tesoro e dunque lo Stato). Non solo. Il presidente dell’istituto toscano, di recente, stando a indiscrezioni mai smentite, ha sostenuto il piano di salvataggio della banca messo a punto da Corrado Passera con Andrea Orcel di Ubs (già advisor ben remunerato dal Monte). Il fatto è che questo piano è stato respinto dal consiglio di amministrazione di Mps, che ha invece deciso di procedere con quello disegnato da Jp Morgan e Mediobanca, che godeva inoltre, sempre stando alle ricostruzioni giornalistiche, del sostegno del premier Matteo Renzi. In una recente intervista al Corriere della Sera Tononi ha ammesso: “Sono stato contattato nelle scorse settimane da Corrado Passera che mi ha comunicato di avere allo studio un progetto su Mps. Alla luce della indubbia autorevolezza del dottor Passera l’ho invitato a perseguirlo e presentarlo. Quando è arrivato, eravamo nel frattempo ormai prossimi, come nei fatti è accaduto il giorno successivo, ad un accordo risolutivo e nel segno della discontinuità con la Bce, il fondo Atlante e un consorzio di banche di altissima qualità. Il consiglio di amministrazione ha esaminato con grande attenzione il progetto presentato dal dottor Passera e all’unanimità, a parte la mia astensione, ha ritenuto che non fosse necessario un incontro“. Un’astensione che potrebbe essere interpretata come un sostegno a Passera, mentre è evidente che Viola, guidando il cda che ha respinto il progetto dell’ex ministro dello Sviluppo economico e che è invece andato avanti con il piano concorrente, sembra proprio “combattere” dall’altra parte della barricata rispetto al presidente.

IL PIANO CHE SCRICCHIOLA

Non bastasse, è ormai evidente ogni giorno di più che il progetto di Jp Morgan e Mediobanca per salvare Mps – avallato e sostenuto da Viola – presenta numerose incognite e difficoltà, come rimarca da giorni Formiche.net. Un riepilogo: Mps, dopo la bocciatura agli stress test europei di fine luglio, deve in prima battuta cedere un maxi pacchetto di sofferenze dal valore lordo di 27,7 miliardi di euro e al prezzo di 9,2 miliardi (10,2 il valore netto nel bilancio della banca) e procedere subito dopo con un aumento di capitale da 5 miliardi. In questo momento, il problema principale è la ricapitalizzazione, la terza degli ultimi tre anni: pretendere di ottenere altri 5 miliardi dagli azionisti non è poca cosa in un momento in cui sulle banche italiane aleggia un certo clima di sfiducia per la presenza massiccia di crediti deteriorati nei bilanci. Per di più, l’aumento di Mps rischia di sovrapporsi al referendum costituzionale autunnale, con tutta l’ulteriore incertezza che ne deriva.

IL NODO DELLA CONVERSIONE

Ecco così che da un po’ di giorni circolano sempre di più, anche a mezzo stampa, indiscrezioni secondo cui la banca senese starebbe valutando una conversione volontaria di obbligazioni subordinate così da potere almeno ridurre l’ammontare della ricapitalizzazione. Come riportato da Andrea Greco su Repubblica del 30 agosto, il consiglio di amministrazione di Mps del 29 di questo mese ha rispolverato l’ipotesi di convertire in azioni i bond subordinati: “Ce ne sono per 5 miliardi di euro in circolazione, 2 in mano al largo pubblico, 3 agli investitori istituzionali: e sembra che l’eventualità sia coinvolgere tutti, per un fatto tecnico e per aumentare le chance di successo dell’operazione, con un obiettivo di scambio di 1,5-2 miliardi, e la riduzione di pari importo della ricapitalizzazione massima”, che potrebbe così scendere fino a 3 miliardi. Anche la conversione, tuttavia, non è scevra di rischi e difficoltà. Ma un suo eventuale successo implicherebbe una revisione (a questo punto evidentemente obbligata) del piano di Jp Morgan e Mediobanca sostenuto da Viola, con i consulenti che lo hanno ideato e lo stesso ad di Rocca Salimbeni che non ne uscirebbero poi così bene. Senza contare che già solo il fatto che la conversione volontaria venga ipotizzata e studiata significa che quello stesso piano viene almeno in parte messo in discussione.

L’INCHIESTA DELA PROCURA

A rendere non stabilissima la poltrona di Viola è anche l’inchiesta della Procura di Siena, emersa solo nei giorni scorsi. Il fatto è che gli inquirenti stanno indagando, con l’ipotesi di falso in bilancio e manipolazione di mercato, proprio l’attuale ad della banca, oltre all’ex presidente Alessandro Profumo, attuale presidente di Equita. Viola ha ribadito la correttezza del proprio operato, precisando che la mossa della Procura è “un atto dovuto”. I piccoli soci che hanno presentato l’esposto in Procura, tra l’altro, in occasione dell’ultima assemblea degli azionisti, avevano domandato, senza successo, di promuovere una azione di responsabilità nei confronti dell’ex presidente e dell’attuale ad. Non è tutto. Chi sostiene che Viola sia in difficoltà fa notare anche che il suo nome circolava, di recente, tra i “papabili” per la guida di Unicredit (dove poi è andato Jean Pierre Mustier). Se le indiscrezioni sono state messe in giro dai soliti maligni è un conto, ma se invece fosse stato effettivamente Viola ad ambire al cambiamento potrebbe significare che forse lo stesso capo azienda di Siena mette in conto di poter troncare da un momento all’altro la sua esperienza a Siena.

I DIFENSORI

Ha fatto infine scalpore tra gli addetti ai lavori il commento di ieri apparso su Mf, che ha difeso difende il banchiere a spada tratta. Secondo il quotidiano finanziario del gruppo Class, è fondamentale che l’operazione di messa in sicurezza dell’istituto senese “si svolga in un clima di collaborazione efficace e di chiarezza sotto la guida dell’amministratore delegato Fabrizio Viola, del quale soltanto una volontà sadomasochistica, mista per di più a una certa dose di imbecillità, potrebbe arrivare a far chiedere le dimissioni, dopo che egli ha lavorato intensamente per salvare e risanare il Monte e porlo, pur con le difficoltà che si conoscono, sulla strada del rilancio”. Si vedrà quale delle due “fazioni” prevarrà.

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