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Cosa succede tra Saipem e Gazprom

Nel braccio di ferro legale tra Saipem e Gazprom, iniziato nel 2015 con la cancellazione definitiva del gasdotto South Stream, la notizia di una possibile ripresa del progetto alternativo, il TurkStream, riaccende subito le speranze di un lieto fine. Nei giorni scorsi, infatti, Gazprom ha pubblicato sul suo sito poche righe per comunicare che “attraverso canali diplomatici, ha ricevuto il primo permesso dalle autorità turche per la costruzione della sezione offshore del gasdotto TurkStream, come parte delle procedure preliminari per riprendere il progetto”. Il presidente di Gazprom, Alexey Miller, ha aggiunto i suoi ringraziamenti ai partner turchi per la loro prontezza e collaborazione. Il progetto prevede la costruzione di quattro condotte (una riservata al mercato turco) attraverso il mar Nero, in grado di trasportare fino a 63 miliardi di metri cubi di gas l’anno.

Il fatto che il percorso offshore della pipeline ricalchi per ben due terzi quello del vecchio South Stream (410 km su un totale di 660 ) rende Saipem la naturale candidata all’eventuale ricca commessa per la posa dei tubi. Ma il minuetto tra Russia e Turchia che sta riportando in vita il gasdotto, non sembra comunque modificare il calendario dell’arbitrato in corso con Gazprom alla Camera di commercio internazionale di Parigi. Il procedimento è stato avviato da Saipem il 10 novembre del 2015, e notificato ai russi un mese dopo. Tra un paio di settimane, il 30 settembre, i legali della società di ingegneria petrolifera depositeranno il loro statement of claim, la nuova memoria che aggiorna la richiesta di risarcimento calcolata per ora in 759,9 milioni di euro, “a titolo di corrispettivo dovuto per effetto sia della sospensione dei lavori (richiesta dal cliente nel periodo dicembre 2014-maggio 2015) sia della successiva termination for convenience del contratto notificata in data 8 luglio 2015 da parte della committente”.

La cifra è provvisoria, perché Saipem può integrarla con altri costi derivanti dall’interruzione dei lavori, che nel frattempo possono essere stati calcolati. La termination for convenience comunicata dal consorzio South Stream, a guida Gazprom, alla società italiana è una clausola contrattuale standard che prevede la possibilità di recedere dall’accordo anche in assenza di violazioni dello stesso. Fin qui, perciò, Gazprom ha esercitato un suo diritto. La stessa clausola, però, prevede il pagamento di un compenso “determinato in coerenza con i termini e le condizioni del contratto”, una penale insomma, che invece non sarebbe mai stata corrisposta. L’ad di Saipem Stefano Cao, ha confermato di non aver raggiunto un accordo amichevole per la soluzione della vicenda, e che “non solo le spese addizionali, ma anche fatture già emesse non sono state pagate”. La previsione, ad arbitrato in corso, è di avere un risultato non prima del 2018. Gazprom, però, non sembra voler accogliere nemmeno in parte la tesi di Saipem. Il mandato di Miller ai legali è chiaro: non solo respingere tutte le richieste della società italiana, ma addirittura presentarne di proprie. Colpi sotto la cintola, insomma, mentre Saipem ha già inviato al tribunale una replica nella quale dichiara l’infondatezza delle pretese di Gazprom. A fine mese la nuova, e sicuramente non ultima, puntata.

(Pubblicato su Mf, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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