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Beppe Grillo e Giuseppe Gioachino Belli

“Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo!”. Questa frase, rivolta a un gruppo di popolani romani, è diventata celebre da quando Alberto Sordi la pronunciò in un fortunato film di Mario Monicelli, “Il marchese del Grillo” (1981). In realtà, essa è tratta da un sonetto di Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863), “Li soprani der Monno vecchio”, che recita così:

 

C’era una vorta un Re cche ddar palazzo

mannò ffora a li popoli st’editto:

“Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,

sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.

 

Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:

pòzzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo:

Io, si vve fo impiccà, nun ve strapazzo,

ché la vita e la robba Io ve l’affitto.

 

Chi abbita a sto monno senza er titolo

o dde Papa, o dde Re, o dd’Imperatore,

quello nun pò avé mmai vosce in capitolo”.

 

Co st’editto annò er boja pe ccuriero,

interroganno tutti in zur tenore;

e arisposeno tutti: “E’ vvero, è vvero”.

 

[C’era una volta un re che dal suo palazzo promulgò questo editto e lo fece conoscere al popolo: “Io sono io e voi non siete niente, signori vassalli villani mascalzoni e imbroglioni, e state zitti, non osate replicare. Io le cose storte le faccio diventare diritte e, viceversa, storco le diritte: posso vendervi tutti a un prezzo ridicolo: io, se vi faccio impiccare, non vi tratto con ingiustizia, poiché la vostra vita e la vostra roba sono mie, mi appartengono, e io ve le concedo solo in affitto temporaneo. Chi abita in questo mondo e non ha il titolo di Papa, di Re o d’Imperatore, quello non ha mai alcuna voce in capitolo, non conta nulla”. Con questo proclama come corriere banditore fu mandato il boia, che interrogava tutti al riguardo, sulla veridicità di quanto affermato nell’editto, chiedeva loro cosa ne pensassero; e tutti, ma proprio tutti, risposero: “E’ vero, è vero”.]

Questo sonetto fu composto dal Belli nel 1832. Poco meno di due secoli dopo un altro attore, che – ironia della sorte – si chiama Grillo, lo ha riproposto (anche se non in dialetto romanesco) dal palco della kermesse palermitana del Movimento 5 Stelle. Certo, da allora tutto è cambiato: il potere temporale della Chiesa è scomparso, l’Italia è una repubblica e (forse) l’Urbe non è più la “stalla e chiavica der monno” descritta dal suo grande poeta. Solo una cosa è rimasta la stessa, la risposta dei seguaci al proclama del capo: “È vero, è vero”.

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