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Perché cancellare i nomi italiani in Alto Adige è un attacco alla Costituzione

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Come demolire l’Accordo De Gasperi-Gruber (5 settembre 1946), appena celebrato a Trento dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “L’uso, su di una base di parità, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue”. Giovedì scorso a Bolzano è partita la prima picconata. Una commissione detta “dei Sei” s’è riunita per elaborare la norma d’attuazione di rango costituzionale voluta dalla Svp per sradicare gran parte delle dizioni italiane dei nomi di luogo bilingui italiano-tedeschi esistenti da cent’anni. Il repulisti sarà concentrato su picchi e sentieri, toponimi dell’Alto Adige profondo, risparmiando nomi troppo evidenti da eliminare, come Bolzano o Merano. Sarà un addio imponente: circa il sessanta per cento dei nomi italiani è a rischio.

C’è, però, un ostacolo per dar seguito a un atto di “pura prevaricazione politica, privo di qualsiasi serio appiglio storico e lesivo della Costituzione”, secondo l’appello lanciato anche dall’illustre linguista Carlo Alberto Mastrelli di Firenze. L’ostacolo è che pure lo speciale e costituzionale statuto di autonomia impone l’”obbligo della bilinguità nel territorio della Provincia di Bolzano”. Per questo la Corte Costituzionale era stata chiamata dal governo-Monti a giudicare, il prossimo 4 ottobre, una precedente legge provinciale che brutalmente aboliva le dizioni italiane. Tanto brutalmente, che la stessa Svp d’intesa coi governi-Letta e poi Renzi sta perorando il continuo rinvio del caso per evitarne la bocciatura. E i giudici della Corte stanno a guardare il balletto politico che pur si trascina dal 2012. Congelare tutto, ecco il piano, per consentire l’entrata in vigore della norma in ebollizione alla Commissione dei Sei. Norma che stravolge la lettera e lo spirito del bilinguismo e della Costituzione, ma che di fatto impedirà ai governi di ricorrere alla Consulta, un domani, per eccepire violazioni di leggi provinciali ispirate a questa norma di rango costituzionale nel frattempo cucinata.

La richiesta di fare piazza pulita di migliaia di nomi italiani protetti dalla Costituzione non è giusta o sbagliata: è irricevibile. Invece la distratta politica d’ogni colore, prima il ministro Raffaele Fitto, poi Graziano Delrio, ignorando la storia dell’Alto Adige e l’obbligo del bilinguismo che ne è alla radice della ricca convivenza, ha aperto, “contra legem”, la porta: cancellate pure, ma senza esagerare. “Bilinguismo non è binominalismo”, è stata, subito, la comica invenzione della Svp, già con le forbici in mano per il dono inatteso. Così una quantità di toponimi rilevanti -si ipotizza l’eliminazione addirittura della simbolica “La Vetta d’Italia”-, resterà nella sola versione in tedesco. Così agli italiani sarà impedito di pronunciare in italiano, che è la lingua ufficiale della Repubblica, i posti dove sono nati o cresciuti, i posti visitati dai turisti per il loro incanto. Lo fanno da cent’anni senza infastidire nessuno: i concittadini di lingua tedesca possono tranquillamente pronunciare in tedesco -grazie all’Accordo De Gasperi-Gruber- i nomi di luogo condivisi. Che la questione sia di inaudita gravità l’ha capito il ministro Enrico Costa, che ha chiesto di incontrare subito, giovedì prossimo, i commissari. Ma già si profila la furbizia di una “commissione di studiosi” nominati però dalla politica: in pratica dalla Svp. Senza voler lasciare agli italiani neppure la libertà e la dignità di decidere loro e soltanto loro come chiamare nella propria lingua nomi di luogo in Italia che già hanno un nome da cent’anni. Di fatto saranno gli studiosi tedeschi a certificare, avvalorando o no le scelte degli studiosi italiani, quali e quanti toponimi in italiano potranno sopravvivere alla morte annunciata.

(Articolo  pubblicato su Il Messaggero e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)

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