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Perché Chiara Appendino e Virginia Raggi non mi convincono sulle quote rosa

Virginia Raggi e Chiara Appendino

Devo ricordare con garbo istituzionale alle signore che in queste ore si sono espresse contro le cd “quote rosa” che nonostante le loro affermazioni è evidente che, per esempio, la legge n. 120 del 2011 ha consentito all’Italia, sistematicamente considerata fanalino di coda d’Europa nell’attuazione della parità di genere (Dati Ocse agosto 2016), di diventare un modello di riferimento per altri Paesi, al momento sprovvisti di discipline finalizzate a portare le donne ai vertici del settore economico, o che hanno introdotto misure poco incisive.

Si può sicuramente avere opinioni diverse sui metodi di raggiungere la democrazia paritaria effettiva, ma è indubbio che la disciplina costruita dal Parlamento italiano è una disciplina efficace e ben equilibrata, perché se da una parte si caratterizza per l’incisività del tipo di intervento, dall’altra presenta accorgimenti in grado di evitare contraccolpi sui principi costituzionali; in particolare, sul principio di uguaglianza e sulla libertà di iniziativa economica delle imprese.

Infatti la Legge Golfo Mosca ha avuto la capacità  di produrre ‘rinnovamento’ sia culturale che concreto. I numeri e i fatti sono chiari: diverse importanti società hanno deciso di adeguare alle nuove regole i propri statuti e i propri organi anche prima che la legge evidenziasse i propri effetti giuridici vincolanti (posticipati dalla legge a un anno dalla sua entrata in vigore). La legge è stata capace di creare un rinnovamento di carattere più generale a proposito delle modalità di reclutamento degli amministratori societari, prestandosi oggi molta più attenzione a merito e competenze. Non molto ma moltissimo rimane da fare e non sentiamo proprio il bisogno di riaprire un conflitto sulla presenza equilibrata di genere nel contesto economico e istituzionale.

La legge sta dispiegando i propri effetti, e i  dati sono confortanti, sebbene il genere femminile rimanga ancora scarsamente rappresentato nei ruoli chiave delle società, quelli di amministratore delegato. Non solo. Per molte società a controllo pubblico si pone un altro problema che oggi è diventato esplosivo. Il decreto sulla c.d. spending review (d.l. n. 95 del 2012), ha consentito la possibilità, per molte società, di adottare la formula dell’amministratore unico. Ebbene, questa scelta è in crescente aumento, e, come facilmente immaginabile, purtroppo, nella maggior parte dei casi, la scelta dell’amministratore unico ricade su un uomo.

Dunque continuiamo a monitorare con attenzione l’andamento delle nomine, ed elaboriamo, eventualmente, anche nuove soluzioni sul piano normativo, per evitare il rischio che, ancora una volta, la politica possa opporre resistenza alla compiuta realizzazione di una democrazia paritaria, sulla quale, a proposito di Italicum, la situazione è ancora molto molto sbilanciata.  Non ci si può accontentare del fatto che le donne arrivino nei luoghi della decisione, ma occorre che esse contribuiscano effettivamente, come  ci auguriamo si continui , ad incrementare la qualità delle decisioni in materia economica. Occorre  che tutti, soprattutto le Università e le Associazioni attive su questo versante, continuino a prestare la massima attenzione e a dedicare tutti gli sforzi possibili per il conseguimento dell’obiettivo più importante: quello di un cambiamento culturale. Ognuno dunque può fare la sua parte remando per e non contro. L’Università di Modena e Reggio Emilia, al Dipartimento  di giurisprudenza, ha istituito un corso su Politiche di pari opportunità nel lavoro pubblico e privato e alle studentesse e agli studenti è una materia che interessa molto vista la robusta frequenza. E questo è un ottimo segnale.

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