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Ermeneutica della polmonite di Hillary Clinton

terremoto

Domenica 11 settembre a New York, durante la commemorazione dell’anniversario del più grosso attacco terroristico della storia dell’uomo, Hillary Clinton s’è sentita male ed è stata accompagnata in un’auto dal suo staff. Poche ore dopo è riapparsa sorridente per le strade di Manhattan, dopo un breve recupero a casa della figlia Chelsea. “Non pensavo che la polmonite potesse essere un grosso problema”, è il commento che Clinton ha fatto il giorno dopo la vicenda al telefono con la CNN.

La questione però oltrepassa l’aspetto personale perché Clinton è “Hillary 2016”, ossia il candidato alla presidenziali americane per il Partito democratico – quello che ha messo in carica per due turni Barack Obama – e perché la sua salute è da tempo al centro del dibattito politico. Piazzata lì dallo sfidante, il repubblicano Donald Trump, che ha ripetutamente detto che Hillary non può essere in grado di diventare presidente perché è malata: va detto che Trump, e il suo più grosso stakeholder Rudolph Giuliani, hanno dato vento a teorie complottiste di vari sgangherati siti della destra estremista e alcuni commentatori televisivi iper-repubblicani come Sean Hannity, che non si basano su mezza prova concreta (ma è anche su certe posizioni che si è stabilizzata la candidatura del repubblicano). Secondo Trump sarebbe gravemente malata, di qualche malattia disabilitante non specificata: c’è chi dice il morbo di Parkinson, chi un tumore, chi la sclerosi multipla, ma si tratta di ricostruzioni non verificabili, perché il dato fin qui registrabile è uno, e lo ha fornito il medico della Clinton, che ha firmato – sotto giuramento deontologico e professionale – un breve documento in cui senza troppi dettagli si attestava ad inizio campagna (era il 2015) la sua sana e robusta costituzione. L’assenza di troppe specifiche rilancia i complottardi, mentre viene considerato come un modus operandi tipico di Clinton, che tiene molto alla sua privacy. (Bonus: Hillary soffre da anni di flebotrombosi di tipo TVP, ossia le si formano dei coaguli di sangue nelle vene, che possono essere molto pericolosi; nel 2012 se ne formò uno alla testa, non era il primo, e come tutti gli altri che finora avevano interessato le gambe fu sciolto grazie agli anticoagulanti che assume regolarmente. Inoltre è ipotiroidea. In queste ore i media americani sono entrati in modalità Dr House e tirano fuori ogni genere di informazione o diagnosi).

CLINTON È TRUMP

Se vi sembra che si sia arrivati a un punto veramente basso nel dibattito elettorale americano, tirando in ballo le malattie personali, vi state sbagliando, ma occhio: le cose potrebbero andare peggio dopo il malore di domenica. Comunicare lo stato di salute di un candidato è prassi comune negli Stati Uniti, rientra per così dire nelle informazioni del curriculum. Anzi, è strano che nessuno dei due principali contendenti lo abbia ancora fatto approfonditamente (il documento medico presentato da Obama era lungo 278 pagine, quello del suo rivale John McCain 1200), anche se Trump ne ha diffuso uno abbastanza improbabile scritto da un medico gastroenterologo che lo definiva “il più sano individuo della storia a diventare presidente”, che non è proprio una definizione scientifica (anche perché dovesse essere eletto sarebbe il più anziano della storia e qualche acciacco dovrà pure avercelo come ha detto apertamente l’ex medico del presidente Obama, David Scheiner, in un pezzo per il Washington Post). Nota: in cambio del documento medico lo staff dei democratici ha chiesto che Trump mostrasse trasparenza – tenere a mente questa parola – sulla propria dichiarazioni dei redditi, visto che il miliardario americano è l’unico nei candidati nella storia recente degli Stati Uniti a non averla resa pubblica; ma lui niente, però ha annunciato di essersi sottoposto a test fisici i cui risultati, positivi, li diffonderà in settimana. Nota due: Clinton e Trump hanno rispettive possibilità di vincere solo perché sono candidati l’uno contro l’altro, ossia sono due contender entrambi deboli, con poco feeling tra larghe parti dell’elettorato. Anche per questo i due concorrenti alternativi, Jill Stein dei Verdi e Gary Johnson dei Libertari, stanno andando sorprendentemente bene. Nel caso di Johnson meglio dire “stava” andando bene – il suo partito non ha mai superato l’1 per cento, mentre ora s’aggira intorno al 10 –, almeno prima di una figuraccia che gli costerà voti: in diretta alla Nbc ha ammesso di non sapere cosa fosse Aleppo, la città siriana al centro dei combattimenti da mesi.

HILLARY MALATA, MEGLIO PER TRUMP

Francesco Costa, vice direttore del Post che segue attentamente la politica americana, ha scritto nella sua newsletter: “Lo schema della campagna elettorale fin qui è stato: se si parla di Trump, ne guadagna Clinton; se si parla di Clinton, ne guadagna Trump”. E questo significa che siccome nei prossimi giorni si parlerà soltanto di Hillary e dei risvolti del suo malore, sarà Trump a guadagnarci. Tra l’altro questi guadagni potrebbero arrivare in un momento in cui complessivamente le percentuali di Trump stanno migliorando anche in alcuni stati che finora non si consideravano contesi, perché assegnati con alte probabilità ai democratici. La tempistica della vicenda è negativa, ha detto su Politico James Carville, un ex consulente di lunga data dei Clinton.

TRASPARENZA

Uno dei motivi per cui si parlerà della polmonite di Clinton, oltre al fatto realistico che potrebbe trattarsi di una malattia seria per una persona di sessantotto anni (e che arriva in un momento in cui il suo fisico è messo sotto sforzo dallo stress degli ultimi mesi di campagna), è per come è stato gestita la vicenda. Questo è uno dei due punti politici importanti – l’altro è, come evidente, che Hillary s’è sentita male, e dunque quello che dice Trump da mesi sembra un po’ più vero, come ha scritto il columnist del Washington Post Chris Cillizza. La trasparenza, appunto: la notizia della polmonite è arrivata dopo diverse ore dal malore. I giornalisti presenti a NY hanno visto allontanarsi la candidata senza nessuna spiegazione sul motivo, poi, dopo un’ora e mezza si sono sentiti dire che si era trattato di un colpo di calore (“ma erano 28 gradi”, dunque non caldissimo, dice chi non si fida delle dichiarazioni ufficiali) e solo successivamente è stata diffuso l’informazione sull’infiammazione polmonare che sarebbe stata diagnosticata venerdì, secondo un tweet del suo medico, la dottoressa Lisa Bardarck, dopo giorni di tosse allergica. La rivista People ha scritto che la stessa malattia polmonare ha colpito vari membri dello staff di Hillary nei giorni scorsi. Lei sarebbe in cura con antibiotici, stanca e disidratata, a New York c’era molta umidità e il clima in generale (anche emotivo) era pesante, così si è sentita poca bene, ha spiegato poi l’entourage alla stampa. Potrebbe avere un fisico di per sé soggetto a mancamenti e non sarebbe assurdo: per esempio, nel 2012 svenne per via della disidratazione collegata a una gastroenterite – una cosa comune – colpì con la testa un mobile, e proprio dalla TAC per verificare l’entità della commozione celebrale fu scoperto il coagulo alla testa.

IL RISVOLTO ELETTORALE DELLA GESTOINE DEL MALORE

Ma qui c’è un passaggio che va sottolineato: una dei principali aspetti negativi che contestano gli elettori a Clinton è la mancanza di trasparenza. Pesa la storia delle email gestite con server personale ai tempi in cui era segretario di Stato, pesa un passato che l’ha vista sempre parte dell’establishment (first lady, senatrice, segretario) in un momento in cui a politica è “non essere inquinati dalle stanze dei bottoni”, pesano i rapporti sovrapposti tra azione politica e Clinton Foundation. E dunque, non essere trasparenti su una malattia in fin dei conti banale, si somma al pregresso, e fa sponda a tutta quella serie di scenari cospirazionisti, accedendo a una delle debolezze principali di Hillary come candidata: gli elettori non si fidano di lei, la considerano misteriosa, opacizzata dal potere e non la reputano adatta per la Casa Bianca. E le cospirazioni si moltiplicano; ultima, per capire il livello raggiunto: ha una sosia che prende parte alle sue apparizioni pubbliche.

 CHE SUCCEDE ADESSO?

La malattia può comunque anche essere un colpo elettoralmente parlando di per sé. In generale, gli americani votano la persona più che il partito e oltre alle idee e i programmi. Nel sistema politico americano, il presidente è prima di tutto il Commander in Chief, e nella visione muscolare statunitense (il capo dello Stato è il simbolo nel mondo della potenza a stelle e strisce) un comandante in capo malato potrebbe essere una situazione preoccupante. Per il momento Trump ha lasciato scorrere: intervenuto al telefono su Fox News non ha infierito, perché sarebbe potuto passare come un messaggio negativo (colpire chi è malato non è bello, per intenderci), ha detto che la “questione salute” è un tema centrale per un candidato, ha mandato un pensiero alla sua avversaria usando “un tono magnanimo” ha scritto il New York Times, ha parlato di Clinton dicendo che “è arrabbiata” (perché sta perdendo, sottinteso) e “non sappiamo quanto malata”. I prossimi 57 giorni di campagna saranno tremendi, c’è da aspettarsi di tutto, e non è chiaro quanto il malore (o la salute) di Hillary possa influire sul futuro, sia dal punto di vista di eventuali limitazione alla sua presenza attiva, sia tra i votanti.

(Foto: Youtube, Hillary Clinton pare un vasetto di sottaceti davanti al giornalista Jimmy Kimmel per dimostrare di “essere in buona salute”)

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