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Ecco i numeri che smentiscono le teorie farlocche su cibo e malattie

Il mondo starebbe andando, come dicono i commentatori più acuti, “a puttane”. Ci sono sanguinose guerrette e terrorismo dappertutto, i disperati della Terra sono ovunque in movimento e premono sulle frontiere di chi sta meglio, l’economia distrugge il lavoro e i risparmi di decenni e l’inettitudine di molti governi nell’affrontare questi problemi è davanti agli occhi di tutti. Eppure va bene, l’umanità sta andando avanti, le cose migliorano, non siamo mai stati così bene. Il fatto, forse contro-intuitivo, emerge dalla spettacolare crescita in tutto il mondo dell’attesa di vita.

Quello della sopravvivenza media delle popolazioni è un dato che riassume molti altri fattori. È un’efficace rappresentazione di parecchi elementi importanti come l’interazione tra i redditi in aumento e l’abbondanza materiale e alimentare, i progressi nella sanità pubblica e in medicina, il declino generalizzato nel livello di violenza quotidiana e tante altre cose ancora. Per vivere più a lungo, bisogna stare meglio in vita, sotto tutti i profili—e tra il 1960 e il 2015 la durata di vita media in tutto il mondo è aumentata da 42 anni a 68 anni.

Il fenomeno è più marcato nelle parti più povere del globo. Nel Sud dell’Asia—Afghanistan, India, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Nepal e le Maldive, con una popolazione totale di circa 1,8 miliardi— l’attesa di vita è salita dal 1960 al 2015 di uno straordinario 26,5 anni, ossia del 63 percento. La media mondiale invece è cresciuta “solo” di 16,12 anni, il 37%. Il miglioramento nell’Africa sub-sahariana è stato rallentato negli anni ’90 dalla terribile epidemia HIV/AIDS. Ora va molto meglio, principalmente per la disponibilità di efficaci farmaci antiretrovirali. Nel 1960 l’africano medio aveva un’attesa di vita di 40,2 anni. Nel 2015 è salita ai 59 anni, più 47%.

Anche negli Stati Uniti, dove negli ultimi tempi si è molto parlato dell’aumento di mortalità tra i maschi bianchi di mezz’età, la tendenza nel periodo è complessivamente molto positiva, con la speranza di vita in cresciuta del 13,45%, battendo perfino i risultati di paesi notoriamente “sani” come la Svezia, la Danimarca e la Norvegia: più il 12,71%, l’11,32% e l’11,03% rispettivamente.

In Italia, secondo i dati Istat, nel 2015 l’attesa di vita alla nascita era di 80,1 anni per gli uomini e 84,7 per le donne, alta per il mondo ma in leggero calo rispetto all’anno precedente, forse per una riduzione nelle attività di prevenzione. Intanto, gli ultracentenari italiani sono più che triplicati negli ultimi tempi, passando dai 5.650 del 2002 agli oltre 19mila del 2015.

Dati del genere richiamano però il pollo di Trilussa: “Me spiego, da li conti che se fanno/ secondo le statistiche d’adesso/risurta che te tocca un pollo all’anno/ e, se nun entra nelle spese tue,/ t’entra ne la statistica lo stesso/ perché c’è un antro che ne magna due…” Cioè – almeno nel contesto – sono valori che non si applicano agli individui, il caso che umanamente più ci riguarda.

Una consolazione c’è: viviamo tanti anni più di prima malgrado la popolare – e recente – percezione della terribile minaccia posta dal glutine, dal lattosio, dal colesterolo, dall’olio di palma, dai coloranti artificiali e i conservanti, dallo zucchero bianco e la carne rossa. Nel 1880 la speranza di vita in Italia era di 35,4 anni, divenuti 42,8 nel 1900, 54,9 nel 1930 e 65,5 nel 1959. Ora supera gli ottant’anni.

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