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Se la sostenibilità diventa un modo (virtuoso) di fare affari

Maastricht, popolari

Fino a qualche anno fa a parlare di sostenibilità erano soprattutto i visionari. In questo campo, l’Italia ha una lunga tradizione se non una primigenia. Infatti, già nel 1968 Aurelio Peccei fondava il Club di Roma e promuoveva il dibattito internazionale sulle disfunzioni della crescita economica e la difesa dell’ambiente. Venne commissionato agli scienziati del blasonato Mit di Boston uno studio approfondito: i limiti dello sviluppo. In esso, un successo editoriale mondiale pubblicato nel 1972, si metteva in discussione il mito della crescita senza fine, sostenendo che i ritmi della crescita, demografica ed economica, e dello sfruttamento delle risorse ambientali, se invariati, entro 100 anni avrebbero condotto il pianeta al collasso del sistema produttivo e al disastro ecologico globale. Probabilmente vi si sottostimavano le capacità di innovazione, di risparmio energetico ecc., però la questione posta da Peccei è ancora lì e a nulla è valso rimuovere il problema per decenni.

Non a caso, quasi tutti i Paesi del mondo si sono ritrovati a firmare l’accordo COP21, per limitare il riscaldamento globale, e a sottoscrivere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. E anche l’autorità morale di Papa Francesco ha regalato a tutti gli uomini di buona volontà, credenti o meno, riflessioni e indirizzi accorati affinché si adoperino alla svelta per salvare la casa comune, ribadendo la necessità di salvaguardare assieme il pianeta Terra e la dignità di ogni uomo.

Molti si chiedono, però, se riguardando le coscienze e non il mondo degli affari, la ricerca della sostenibilità rappresenti solo una pia intenzione, qualcosa che si annuncia ma non si pratica. Ebbene, tale visione è riduttiva e quello che si osserva nel mondo produttivo lascia intravedere forti cambiamenti, se non una vera e propria rivoluzione, nel segno della sostenibilità. Bastano due esempi. Fino a pochi anni fa, chi cercava di evitare l’olio di palma nei prodotti da forno doveva dotarsi di lente d’ingrandimento e concentrarsi nella lettura di liste di ingredienti scritte piccole piccole. Oggi la lente d’ingrandimento non serve più perché molti prodotti riportano “senza olio di palma” a caratteri cubitali sull’esterno della confezione. Cosa è cambiato? Le aziende dei prodotti da forno si sono rese conto che vi era una domanda latente di prodotti senza olio di palma da parte dei consumatori. Se esse non si fossero adattate rischiavano di perdere vendite. E così ne hanno addirittura fatto uno strumento virtuoso di marketing. Da tutt’altra parte, nel campo degli investimenti finanziari, sono molti i risparmiatori che desiderano evitare di finanziare aziende che producono armi ovvero inquinano o sfruttano il lavoro minorile. E anche qui si sono messi in moto aggiustamenti virtuosi. Grande sviluppo ha avuto ed ha la finanza etica, che propone ai risparmiatori investimenti rispettosi dei principi etici e della sostenibilità.

Insomma, è sotto gli occhi di tutti come l’accresciuta consapevolezza delle questioni di sostenibilità da parte di consumatori e famiglie stia generando nuove forme di competizione. Se i consumatori esprimono una domanda latente di prodotti e processi produttivi sostenibili, le aziende che sanno intercettare meglio tali istanze saranno più profittevoli. Questa competizione è virtuosa. È presumibile che il cambiamento in atto porterà in tempi ragionevolmente brevi molte aziende a dotarsi di un rating etico e di sostenibilità. E, perciò, associare la propria azienda alla sostenibilità non rappresenterà un ghiribizzo bensì un passaggio necessario per stare sul mercato. Questo è forse l’esempio su vasta scala più recente di come l’uomo, utilizzando il proprio arbitrio, possa fare grandi errori – fino al punto di rischiare la distruzione della vita sulla Terra – ma sia anche capace di redimersi. Il coinvolgimento del settore privato fa sperare che la correzione in atto sia accelerata. Ed è bene ribadirlo: virtuosi sono quei profitti delle imprese sostenibili, perché costruiscono vera ricchezza salvaguardando la casa comune e la dignità di ciascuno!

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