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Consigli utili su natalità e famiglia

Già nel gennaio scorso i dati Istat erano allarmanti: l’Italia e gli italiani stanno scomparendo. Nel 2015 i bambini nati erano stati 488mila, 8 per mille dei residenti, quindicimila in meno rispetto al 2014. Era il minimo storico delle nascite dall’Unità d’Italia.

Il numero dei figli medi per donna era stato di 1,35 nel 2015, confermando per il quinto anno consecutivo la riduzione della fecondità. L’eta media delle donne al momento del parto era salita a 31,6 anni. Scalpore, preoccupazione, allarme durarono le solite 48 ore, poi tutto passò in “cavalleria”. Ciononostante, la crisi demografica italiana non è un problema che svanisce col tempo, anzi il passare del tempo può solo aggravarlo. Infatti, pochi mesi dopo, lo scorso giugno, la fotografia dell’Istat del bilancio demografico annuale era stata impietosa: il fenomeno del calo delle nascite (iniziato nel 2008) si aggravava e con l’aumento delle morti, si registrava il saldo negativo di 161,791 unità (persone). Per la prima volta dall’Unità di Italia, il nostro paese perdeva popolazione, con l’aggravio di minori migrazioni e maggiori emigrazioni (soprattutto di giovani italiani che vanno all’estero).

Nei giorni scorsi, ancora l’Istat, ha rilevato che nel primo semestre di questo 2016, nell’intero Paese ci sono state 14,600 nascite in meno, un calo mai registrato nei decenni recenti: dai 221.500 nati rispetto ai 236.100 di un anno fa. I dati dei giorni scorsi si riferiscono ai primi sei mesi del 2016. Forse potremmo aspettarci una ripresa della natalità e della fecondità repentina nei sei mesi futuri, ma non siamo in molti a sperarci. Potrebbe accadere anche il contrario, cioè un’ulteriore contrazione delle nascite, così da farci precipitare ancor più nel baratro dell’inverno demografico.

Non aspettiamoci che gli esperti ci spieghino cosa stia accadendo. Quello che sta decidendo il declino dell’Italia è un insieme di fattori culturalmente, fiscalmente, socialmente non favorevoli alla natalità e alla famiglia.
Certamente gli allarmi sulla denatalità lanciati da tempo e da più parti, dai demografi come dai medici, dagli economisti come dal ministro della Salute e dal ministro della Famiglia trovano purtroppo ancora conferme. Coloro che si illudevano, sin dal ventennio scorso, in un diffuso contributo degli immigrati per sconfiggere o limitare la denatalità italiana devono ricredersi. Senza la ripresa di una cultura e una politica “family friendly” a tutto campo e trasversale, né gli italiani né gli stranieri che vivono in Italia troveranno buone ragioni per accogliere nuovi figli all’interno delle proprie famiglie.

Le misure approvate nella manovra, la cui efficacia e reale ampiezza si potrà valutare solo dopo il sì del Parlamento e i relativi decreti di fine anno, va nella giusta direzione di favorire le famiglie e innanzitutto le famiglie con figli. In tutti i Paesi europei, tranne Olanda, Polonia e Ungheria, si sono ridotte le risorse per le politiche famigliari dal 2008 a oggi, a seguito della crisi finanziaria globale. L’Italia non era in una situazione dissimile, si fermava solo al 39° posto dei 46 paesi studiati nella ricerca Igif. La recente manovra economica potrebbe essere l’inizio di una svolta chiara, certamente migliorabile e affinabile in taluni aspetti, ma finalmente iniziata. Ancora nel 2012 lo studio specifico dell’Eurobarometro indicava il desiderio ideale dei giovani italiani in 2,3/2,4 figli. Da decenni poco o nulla si è fatto per assecondare questo desiderio di maternità e paternità. Potremmo discurere sulle soglie di reddito della famiglia per usufruire di talune misure, sul loro innalzamento o abolizione, sui costi conseguenti e persino su ulteriori misure ancor più “draconiane”. Tuttavia, è necessario dirlo con franchezza e al di fuori di ogni polemica “referendaria” o di “parte”: una svolta c’è, si tratta ora di “muovere” tutte le diverse politiche del governo verso il “fattore famiglia e natalità”, perchè l’Italia esca dal baratro dell’eutanasia demografica e dell’erosione sociale. Ci vorranno tempo, flessibilità e risorse cospicue da investire (direttamente o trasversalmente tra diversi ministeri, tra Governo Statale e autonomie locali, tra pubblico e privato sociale) su quell’unica risorsa necessaria e sufficiente al Paese: la famiglia e la natalità.

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