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Ecco come la Russia si infiltra in Bulgaria, Ungheria, Lettonia, Serbia e Slovacchia. Report Csis

Uno studio del Center for Strategic and International Studies (Csis), un think tank americano con sede a Washington, rivela che la Russia ha costruito un set di misure economiche e politiche segrete per manipolare cinque paesi dell’Europa centrale e orientale, screditare il loro modello democratico liberale dell’Occidente, e minarne i legami trans-atlantici. Secondo il report, a cui ha partecipato anche il Center for the Study of Democracy di Sofia, Mosca avrebbe cooptato politici simpatizzanti, cercato di dominare i mercati dell’energia e altri settori economici in alcuni Stati, aggirato le misure anti-corruzione, nel tentativo di guadagnare influenza sui governi in Bulgaria, Ungheria, Lettonia, Serbia e Slovacchia. Sintesi conclusiva dei risultati: “In alcuni Paesi l’influenza russa è diventata così pervasiva e endemica che ha messo in discussione la stabilità nazionale, l’orientamento occidentale e la stabilità euro-atlantica”.

L’INTERFERENZA NELLA POLITICA

Il contesto temporale in cui questo studio esce è rilevante. Su tutto, le accuse formali con cui Washington ha incolpato Mosca di voler influenzare le elezioni presidenziali americane che si svolgeranno fra due settimane. Azioni hacker contro i sistemi elettorali e contro personaggi pubblici del mondo politico e militare, più quella contro il Partito Democratico, ma non solo: su uno dei due presidenti, Donald Trump, il candidato repubblicano, pendono sospetti di collegamenti con la Russia molto simili a quelli evocati dal report del Csis – “The Trump’s Russian World” titolava un lungo approfondimento uscito pochi giorni fa sul Financial Times, uno dei tanti che ha ricostruito il link russi del magnate americano e di alcuni dei suoi uomini di spicco del comitato elettorale.

IL CONTESTO

I rapporti tra Occidente (intesto come Stati Uniti, Unione Europea, Nato) e Russia sono a livelli di tensione elevati. Il quadro è ampio. L’UE ha da poco deciso di non comminare nuove sanzioni contro Mosca, considerata colpevole per le atrocità che in queste settimane hanno colpito Aleppo, la città siriana in cui un quarto di territorio resta in mano ai ribelli mentre i governativi hanno soltanto messo in pausa una campagna di riconquista spietata, che ha fatto centinaia di vittime tra i civili. Bruxelles ha deciso di aspettare e sollevare soltanto una dura condanna espressa in un documento in cui minacciava nuove misure pratiche se le cose fosse continuate a precipitare. La decisione però si è portata dietro una spaccatura interna al fronte europeo, perché paesi come la Francia, la Germania e il Regno Unito avrebbero voluto punire Mosca in modo severo e univoco, fatti più che parole, mentre Italia, Spagna, Cipro e Grecia l’hanno spuntata facendo opposizione alla linea dura chiedendo misure più morbide. Queste ultime due nazioni sono in predicato di essere coinvolte in situazioni analoghe a quelle riportate dal report del pensatoio americano, mentre in altre, come l’Italia, le posizioni filo-russe stanno spopolando tra i partiti di opposizione, tanto che l’annuncio della decisione di Roma (presa a luglio) di partecipare a un missione Nato che prevede lo schieramento di battle groups operativi nei paesi baltici come sistema di deterrenza per evitare che le influenze russe si trasformino in qualcosa di più (per esempio, i “little green men” che hanno clandestinamente e silenziosamente invaso l’Ucraina due anni fa), s’è portata dietro una grossa polemica politica. Contattata da Formiche.net per un commento su queste vicende, l’Ambasciata russa in Italia non ha fornito repliche.

MEGADEAL E AFFARI OPACHI

“La Russia ha aperto un nuovo fronte politico in Europa, sostenendo l’estrema destra contro il liberalismo dell’Unione Europea” ha scritto il Centre for Historical Analysis and Conflict Research, un altro centro di analisi dell’esercito inglese.  Si va da progetti “megadeal”, come il contratto di 12.2 miliardi di euro per la costruzione di due nuovi reattori nucleari in Ungheria, che il governo guidato dal partito populista e nazionalista Fidezs del primo ministro Viktor Orban ha assegnato a una ditta russa vicina al Cremlino con passaggi opachi, passando per la coltivazione di imprenditori filo-russi che guadagnano una carica politica e quindi, una volta eletti, proteggono gli interessi e l’influenza di Mosca. In Bulgaria, per esempio, la presenza economica della Russia è forte al punto che tra il 2005 e il 2014 ha rappresentato in media il 22 per cento del Pil: una circostanza che secondo l’analisi di Csis porta “il paese ad essere alto rischio di diventare uno Stato d’influenza russo”, una specie di protettorato come è diventato la Siria, che da almeno un anno dipende completamente dall’assistenza diplomatica e militare russa per garantirsi l’esistenza.

POLICY PER IL CONTRASTO

Il think tank americano ha prodotto anche una serie di policy su come contrastare quello che la Russia sta costruendo. Per esempio, spingere le intelligence economiche a lavorare su strutture dedicate e condivise, nel tentativo di ricostruire movimenti illeciti riconducibili alla Russia dietro a progetti che interagiscono col sistema finanziario dei paesi occidentali. Misura che per il Csis andrebbero inserite nel Readiness Plan con cui la Nato prevede la pronta risposta alle interferenze russe (di questo fanno parte anche gli schieramenti delle unità militari sul fronte orientale) – va notato che Mosca risponde a questi programmi dicendosi accerchiata e minacciata. La reazione dovrebbe essere sostanzialmente imperniata sul promuovere misure di trasparenza, anti-corruzione e mirate a rendere la Giustizia quanto più indipendente dalla politica e un più attento monitoraggio a livello locale dei fondi di sviluppo erogati da Bruxelles – questioni per cui ancora diversi paesi occidentali soffrono – oltre che emettere un’analisi annuale degli Stati europei a più alto rischio di influenza russa. Altro aspetto sta nel controllare la diffusione della propaganda mediatica russa, dando contemporaneamente spinta al giornalismo investigativo indipendente: sempre la scorsa settimana, Danilo Elia, un giornalista che si occupa di Russia e Europa orientale per il sito East Onlineha ricostruito come i media center del Donbass, l’est ucraino dove i separatisti filo-russi aiutati da Mosca sono in guerra col governo centrale, creino delle liste di giornalisti, classificandoli in base a quanto possono essere influenzati e a quanto il loro racconto è o meno compiacente agli interessi russi – tra questi ci sono anche degli italiani.

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