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Berlino suona la sveglia sugli investimenti cinesi in Europa

germania, merkel

Adesso basta. Con la vulgata che gli investimenti cinesi sono sempre ben accetti. A suonare la carica è il governo tedesco che a sorpresa – ma neanche tanto – ha bocciato l’acquisizione, data per scontata dai mercati, della Aixtron, società leader dell’industria dei semiconduttori, su cui aveva messo gli occhi e le mani il fondo cinese Grand Chip Investments attribuendo alla società tedesca un valore di 670 milioni di euro. Ma proprio quando tutto sembrava filare liscio il governo tedesco ha ritirato “il certificato di non obiezione” per rivalutare l’intera operazione. La procedura dovrà stabilire se l’operazione “può disturbare l’ordine pubblico”.

Ma cosa sta succedendo a Berlino? Formiche.net ha già segnalato in passato che in Germina spira un vento protezionista contro gli investimenti cinesi. Solo che adesso si sta passando dalle parole ai fatti. E il blocco dell’operazione potrebbe suonare la sveglia ad un’Europa che si è fin troppo addormentata sugli yuan provenienti dalla Repubblica Popolare cinese. Perché vi sono settori sensibili che andrebbero tutelati come la ricerca e la tecnologia industriale. E anche se al momento la legislazione tedesca non prevede che le acquisizioni possano essere bloccate per minaccia alla sicurezza, alla difesa o alla stabilità finanziaria, il governo ha deciso di stoppare l’operazione. Aixtron, società di 750 addetti con un fatturato vicino ai 200 milioni di euro, ha accusato il colpo e il suo titolo è crollato a Froncoforte perdendo in un sol giorno oltre il 13%, mentre nei giorni scorsi la borsa stava festeggiando l’operazione facendo salire dal maggio scorso l’azione del 32% quando le due società si erano formalmente accordate.

Nel governo oltre alla cancelliera Angela Merkel è soprattutto il vice premier e socialdemocratico, Sigmar Gabriel, che ha la delega alla politica industriale ad aver messo nel mirino gli investimenti dell’ex Celeste Impero. Basta ricordare la storia di Kuka, storico produttore di robot che rifornisce l’intera industria tedesca che, quando nei mesi scorsi è finito sotto i desiderata cinesi del gruppo Midea, si è tentata di salvare puntando ad un acquirente tedesco o quantomeno europeo. Nulla da fare: Kuka per 4,5 miliardi di euro è finita ai cinesi, di fronte ai “capitali” pronti e sicuri non c’è stato nessun cavaliere bianco disposto a scalzare la potenza di fuoco di Pechino. Un crescendo che viene testimoniato anche dai dati relativi al primo semestre di questo anno dove gli investimenti dalla Cina hanno superato i 3,4 miliardi di euro, basta ricordare l’acquisizione delle macchine utensili di Kraus-Maffei da parte di ChemChina e del produttore di energia Eew da parte di Bejing Enterprises.

La battaglia del vice cancelliere però sembra non avere sponde in Europa dove tutti i leader applaudono contenti agli investimenti cinesi anche se magari in settori di primaria importanza industriale. “L’Unione Europea – ha detto recentemente all’assemblea della Confindustria tedesca – deve prendere una posizione chiara sulla Cina”. Da qui la proposta di mettere dei poteri di veto sull’acquisizione di quote superiori al 25% di imprese europee da parte di compratori di Paesi non-Ue, quando in questi stati manca la reciprocità, cioè l’apertura ad acquisizioni da parte di imprese europee, o quando il compratore riceva ordini o finanziamenti dal Governo dello Stato extra-europeo. La posizione di Gabriel ha trovato fino ad ora il sostegno del commissario europeo all’economia digitale, Guenther Ottinger, anche lui tedesco e militante nella Cdu, il partito della Merkel.

Peccato però che la stessa Germania quando potrebbe dare una sterzata ad un dossier delicato come quello della concessione dell’economia di mercato alla Cina assuma una posizione ondivaga anche per paura di irritare il Dragone cinese che resta pur sempre il secondo partner commerciale in Europa e il primo proprio a Berlino. In tempi di ristrettezze economiche tutto fa brodo, purtroppo. Anche gli “odiati” yuan cinesi.

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