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Tutte le idee grillesche del Partito Pirata (favorito alle elezioni in Islanda)

Birgitta Jonsdottir - Pagina Facebook

Se i sondaggi non sbagliano (ma negli ultimi mesi di risultati ne hanno sbagliati tanti, dal Regno Unito alla Colombia), sabato sera il Partito Pirata si confermerà la prima forza politica dell’Islanda. Con il 21,6 per cento dei voti, è in vantaggio di quasi due punti sul Partito dell’Indipendenza (20,6 per cento). Per Ragnheiður Kristjánsdóttir, professoressa di Storia politica all’Università di Reikiavik, il Partito Pirata non sarà il più votato: “Il Partito della Sinistra Verde sta crescendo con molta velocità, per cui potrebbe rubare voti ai ‘pirati’”, ha detto in un’intervista alla Bbc. L’ipotesi di un governo di coalizione tra “pirati”, verdi di sinistra e altri partiti progressisti prende forza.

L’ASCESA DEI PIRATI

Con circa 320mila abitanti quello islandese è uno dei Parlamenti più antichi del mondo. L’Islanda è uno dei migliori Paesi in cui vivere, allora perché un partito la cui bandiera è il simbolo dello scontento verso i partiti tradizionali e ha una linea politica “anti-sistema” può guadagnare voti? I “pirati” sono diventati il partito più votato nelle elezioni legislative del 2013. La crisi economica del 2008, gli scandali del sistema bancario, la perdita di denaro da parte di alcuni risparmiatori e la scoperta dei conti della moglie del premier Sigmundur Gunnlaugsson con i Panama Papers a giugno del 2016 (e le successive dimissioni), hanno contribuito al successo del Partito Pirata.

LA NATURA DEL PARTITO

Fondato nel 2012 e guidato dalla poetessa Birgitta Jónsdóttir (nella foto), il Partito Pirata dell’Islanda occupa un seggio in Parlamento, dopo avere ottenuto il 5,9 per cento e tre rappresentanti a pochi mesi dopo essere nato. Sul sito ufficiale del partito, si legge che “ognuno dei Partiti Pirata ha le proprie politiche e priorità, ma tutti sono uniti dal richiamo di proteggere e aumentare i diritti civili, inclusi la libertà di espressione e il diritto alla privacy”. Un mosaico di “anarchici, hackers, libertari e geeks di internet”, secondo un reportage del Washington Post. Sono un movimento molto simile all’Occupy del pre-candidato del Partito Democratico, Bernie Sanders, o del leader laburista britannico, Jeremy Corbyn.

IDEE E PROPOSTE

Per Kristjánsdóttir, “i simpatizzanti del Partito Pirata coincidono nell’idea che tutti i partiti tradizionali sono corrotti”. Il programma dei “pirati” non è molto concreto. Le idee principali ruotano attorno alla trasparenza e all’onestà in politica, alla libertà di stampa e di espressione, la difesa della privacy in rete e alla democrazia diretta. Propongono una nuova Costituzione, la libertà di culto e l’accoglienza in Islanda di Edward Snowden. Nel programma elettorale, i “pirati” islandesi propongono una ridistribuzione più equa delle risorse naturali e un sistema sanitario gratuito.

CHI È IL LEADER

Nata a Reikiavik nel 1967, Jónsdóttir è stata attivista e portavoce di gruppi come WikiLeaks, Salvando Islanda e Amici del Tibet in Islanda. È co-fondatrice dell’Istituto Internazionale di Mezzi Moderni, un’organizzazione di 21 esperti che cercano di portare avanti una trasformazione legislativa nel Paese. “La Capitana”, come è chiamata dai simpatizzanti del partito, presiede il consiglio di Iniziativa islandese per i media moderni. Sul suo computer c’è un’etichetta con la scritta “apparecchio monitorato dall’Agenzia di sicurezza degli Usa”.

DEMOCRAZIA DIRETTA

Jónsdóttir sostiene che il Partito Pirata non è di destra né di sinistra. Vuole eseguire le migliori iniziative (trasversali) per il bene del Paese. L’unica prerogativa? Che prima di ogni decisione ci sia l’approvazione da parte del popolo islandese attraverso un referendum consultivo. “Il sistema di votazione in rete è il metodo principale con il quale i ‘pirati’ risolviamo le nostre differenze e arriviamo ad un consenso”, si legge sul sito. La proposta del Partito Pirata è portare questo metodo a tutto il Paese. “La gente vuole cambiamenti e capisce che bisogna modificare il sistema. È necessario modernizzare la forma in cui vengono fatte le leggi”, ha detto Jónsdóttir al Washington Post.

ALTRI PARTITI PIRATA

Ma quello di Jónsdóttir non è l’unico Partito Pirata. Nel mondo sono poco più di 60. La versione islandese è ispirata al Piratpartiet svedese, il primo Partito Pirata, fondato nel 2006 da Richard Falkvinge, portava avanti la riforma delle leggi di proprietà intellettuale e l’idea di internet libera. Secondo Kristjánsdóttir la proposta di democrazia diretta è molto rischiosa perché spesso la popolazione non conosce le conseguenze di certe scelte. “Le esperienze dei referendum per la Brexit e l’accordo di pace in Colombia dovrebbero fare riflettere”, ha detto.

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