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Mps, ecco i veri motivi della rottura fra Marco Morelli e Corrado Passera

Di Michele Arnese e Fernando Pineda

I vincoli posti da Jp Morgan e Mediobanca ai vertici di Mps sono stati più stringenti rispetto alle prospettive di un’operazione alternativa o complementare come quella di Corrado Passera. E’ questa la sensazione che si ha nel team con cui l’ex numero uno di Intesa e di Poste Italiane ha condiviso il progetto per il Monte dei Paschi di Siena, snobbato dal cda del Monte dei Paschi di Siena. Vincoli finanziari, dunque. Mentre non si escludono vincoli politici. Che, ammesso e non concesso che ci siano stati, hanno avuto un peso secondario, secondo la ricostruzione di Formiche.net.

VINCOLI FINANZIARI O POLITICI?

Per vincoli politici s’intende il recente passato del banchiere alla testa del movimento fondato e poi affondato dallo stesso Passera, ovvero Italia Unica. Un partito che voleva essere il nucleo per aggregare uno schieramento alternativo al Pd di Matteo Renzi. “Il premier affiderà le sorti e il futuro del Monte dei Paschi di Siena a uno che fino a pochi giorni fa voleva scalzare Renzi da Palazzo Chigi?”, ci si chiedeva da settimane in ambienti finanziari. Ma la tesi “politica” per cui l’amministratore delegato di Mps, Marco Morelli, scelto dal governo dopo che il Tesoro in nome e per conto di Palazzo Chigi, come sottolineato sibillinamente dallo stesso titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in sostituzione di Fabrizio Viola, non scalderebbe troppo Passera.

LE TENSIONI FRA PASSERA, MORELLI E GRILLI

L’uscita di scena del banchiere “rammarica” ma non preoccupa i vertici di Mps, per i quali – secondo quanto scrive oggi il Corriere della Sera – al contrario si elimina un elemento “di disturbo” informativo di una vicenda molto complessa, specialmente “in una fase in cui il ceo Marco Morelli è impegnato in un difficile roadshow tra Europa, Golfo Persico, Usa (dove resterà fino a venerdì) e Asia (Singapore, Hong Kong). Ma che comunque lascia Siena senza alternative «di mercato» all’operazione da 5 miliardi firmata Jp Morgan-Mediobanca”.

IL RUOLO DI JP MORGAN E MEDIOBANCA

Ma sono altri, secondo l’ex banchiere ed ex ministro, i “responsabili” del no di fatto ricevuto da Mps alla sua proposta. Gli occhi degli osservatori sono puntati su Jp Morgan (dietro cui si staglia la figura di Vittorio Grilli, già al Tesoro) e Mediobanca di Alberto Nagel. Nella lettera con cui Passera ha annunciato il ritiro della proposta ci sono indizi chiari. E meno chiari, o impliciti, come il tasso sul prestito in fieri per Mps che incamererà Jp Morgan, oltre le commissioni (uno dei motivi, con tutta probabilità, delle tensioni fra l’ex amministratore delegato Viola e le banche d’affari) per tutti gli advisor del piano su cartolarizzazioni delle sofferenze e aumento di capitale.

I TRE NO DI MORELLI

“Da subito ci è stato richiesto di interrompere ogni contatto con investitori e intermediari e di passare i loro riferimenti alla banca che li avrebbe contattati direttamente”, ha scritto ieri Passera inviperito con i vertici di Mps: “Abbiamo dato la disponibilità a chiedere il permesso agli investitori – legati da patto di riservatezza con noi – di trasmettere i loro riferimenti alla banca, ma abbiamo rifiutato lo standstill totale che la Banca ci richiedeva perché paralizzante per noi. Successivamente la stessa banca ha ritenuto di ritirare tale richiesta, palesemente eccessiva, che ha avuto l’unico risultato di far passare del tempo in modo infruttuoso per tutti”.

LE CRITICHE DELL’EX BANCHIERE

Per quanto riguarda la due diligence, ha proseguito il manager, “abbiamo chiarito che non avremmo voluto avvantaggiarci di nessuna informazione esclusiva e che tutti gli approfondimenti concessi a noi potevano/dovevano essere forniti anche agli altri potenziali investitori e al mercato. Abbiamo cioè richiesto di seguire una procedura tipica di dual track. Ci è stato detto di attendere un information package standard del quale ad oggi non abbiamo ricevuto né l’indice dei contenuti, né le tempistiche per poterne usufruire”. Al di là della lettera e delle parole formali, tra gli addetti ai lavori c’è chi sostiene che Passera si sia spazientito per il tentativo fatto a Siena di agganciare autonomamente i fondi esteri coinvolti dal banchiere. Sarà vero? Federico Fornaro su Formiche.net aveva da giorni adombrato il tentativo in questo articolo.

SCENARI ATARASSICI VERSO IL VENETO

E ora? C’è chi – a Milano e in Borsa – pensa che Passera e i fondi che lo avevano seguito nel piano per Mps possano orientarsi verso altri dossier creditizi italiani, in primis quelli delle banche venete, come Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ora al 100% del Fondo Atlante (qui l’approfondimento su tutte le pene di Alessandro Penati). Ma chi ha sentito in queste ore Passera è piuttosto scettico verso questo scenario. Si vedrà.

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