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Ecco come Intesa Sanpaolo sbertuccia Vigilanza Bce e banche tedesche

Nuove tensioni sulle banche italiane. I banchieri, solitamente molto prudenti, stanno sottolineando le loro preoccupazioni per le discriminazioni subite dagli istituti italiani in ambito europeo. Ecco cosa spaventa i vertici delle principali banche del nostro Paese e perché la Vigilanza europea si concentra sui nostri istituti. E in prima fila nelle critiche, oltre all’Abi presieduta da Antonio Patuelli, ci sono i vertici della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo.

LE NORMATIVE IN ARRIVO

Tra le nuove regole, che valgono però per tutte le banche europee, vi è la revisione dei modelli interni di credito di Basilea4, che il 29 novembre sarà approvata dal Comitato di Basilea, la stretta sugli accantonamenti sui crediti in seguito all’adozione dei principi contabili Ifrs9 e l’ormai vicina definizione da parte della Vigilanza europea della Bce delle soglie individuali di capitale Srep. A cambiare potrebbe essere però il loro impatto: “Il Paese che più ne risentirà sarà proprio l’Italia che resta la nazione più bancocentrica nel finanziamento delle imprese, soprattutto le piccole e medie che rappresentano una fetta importante dell’economia italiana”, ha osservato Alessandro Graziani sul Sole 24 ore.

LA DELUSIONE DI PATUELLI

Deluso per il modo in cui le istituzioni europee stanno affrontando le tematiche bancarie è il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che nell’intervento svolto in occasione della Giornata mondiale del risparmio (qui l’intervento integrale) ha detto: “Le banche, con tante differenze, sono state indebolite dalla crisi in tutta Europa, mentre la sperimentazione biennale della vigilanza unica non sta rappresentando una svolta per la ripresa, ma appesantisce misure che da prudenziali si trasformano paradossalmente in ulteriore incertezza per le banche stesse che, invece, necessitano di maggiore redditività”. Ecco le previsioni di Patuelli per il prossimo anno, con altre critiche alla Vigilanza Bce: “Il 2017 vedrà un numero ridottissimo di gruppi bancari e banche indipendenti in Italia a seguito delle riforme nazionali, ma ostacolate dalla Vigilanza unica che spesso chiede capitali supplementari per le nuove aggregazioni che sono state sfavorite anche dall’anacronistica sopravvivenza nostrana dell’Iva infragruppo: auspichiamo che essa sia presto superata”, ha commentato il presidente dell’Abi.

I RISCHI SECONDO GROS-PIETRO

Per il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro (nella foto), la tendenza, spinta dal comitato di Basilea, ad alzare ulteriormente il livello del capitale chiesto alle banche, porta in sé dei rischi. “Questo, paradossalmente, sarebbe per diminuire il rischio. Ma se le banche finanziano l’economia reale e se si chiede un aumento della dotazione di capitale a parità di impieghi e siamo in una situazione in cui il rendimento del capitale proprio delle banche è inferiore al costo del capitale di borsa – ha detto la scorsa settimana l’economista Gros-Pietro – è evidente che le banche non possono aumentare la dotazione di capitale proprio, possono solo ridurre impieghi”, ha detto Gros-Pietro nel corso di un convegno alla Camera, spiegando che questo ha “l’effetto di aumentare il rischio perché, se queste banche hanno un rischio che dipende essenzialmente dal fatto che i loro clienti non sono più in grado di pagare, tagliandogli i finanziamenti si aumenta il rischio”.

L’ANALISI DI MESSINA

Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, a margine di un evento la scorsa settimana ha affermato che “le sofferenze italiane sono più che coperte dagli accantonamenti effettuati e dal valore delle garanzie reali, su livelli non diversi da quelli di altri Paesi. Il tema degli npl italiani è stato esagerato e trasformato in una debolezza dalla comunicazione di francesi e tedeschi, che forse cercano di porre in difficoltà il sistema bancario italiano, magari per poi effettuare delle acquisizioni”, ha detto il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo riprendendo il tema già affrontato mesi fa in un’intervista al Sole 24 Ore: “Se andiamo a esplorare i derivati posseduti da banche tedesche e francesi scopriremo che i totali dell’attivo sono un multiplo del Pil dei loro paesi”.

DUE PESI E DUE MISURE

La domanda su cui il sito Formiche.net si è soffermato di recente è la seguente: “Perché la Vigilanza europea si concentra (o si accanisce) contro i crediti difficili e non ricorre alle stesse attenzioni sui derivati che in misura percentualmente superiore abbondano nelle banche francesi e tedesche?”. Secondo alcuni esperti del ramo e addetti ai lavori consultati sul trattamento dei crediti inesigibili ci sono norme e regole che consentono più facilmente di scandagliare i conti degli istituti di credito.

Il risultato è che i vigilanti si focalizzano sull’esercizio del credito rispetto alle operazioni meramente finanziarie, e quindi su quelle banche, come le italiane, mentre la conclusione è – secondo una recente analisi di Formiche.net – che “le banche che fanno più prestiti a famiglie e imprese (come le italiane, rispetto a quelle francesi e tedesche) sono nell’occhio del ciclone perché con la recessione i crediti incagliati aumentano, le banche che hanno giochicchiato con l’alta finanza e i derivati sono al riparo da tempeste, da richieste pressanti della Vigilanza bancaria e da articoletti dei giornaloni finanziari internazionali che godono a sparacchiare sull’Italia”.

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