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Chi frena davvero l’Unione bancaria europea

Luigi Abete

L’unione bancaria sogno o realtà? La creazione di un mercato comune è da sempre uno dei sogni europei, con l’Italia tra i primi sponsor. La strada però è accidentata perché non in pochi, Germania in primis, vedono l’operazione come una scorciatoia verso una ripartizione delle perdite dei singoli sistemi bancari. La Febaf, la federazione delle banche, delle assicurazioni e della finanza presieduta da Luigi Abete (nella foto), è da sempre in prima linea per la creazione del mercato unico. E ieri ha riunito presso l’Abi alcuni autorevoli esperti, per fare il punto della situazione, coordinati dal segretario della federazione Paolo Garonna.

GLI OSTACOLI ALL’UNIONE BANCARIA

Tra gli ospiti convenuti a Palazzo Altieri, il berlinese Lutz Raettig, a capo della Frankurt Main Finance e del supervisory board di Morgan Stanley. Raettig ha evidenziato tutta una serie di ostacoli. “Uno dei problemi è la crescita dei sentimenti nazionalisti e protezionisti, che rischia di compromettere il raggiungimento dell’unione”, ha spiegato Raettig. Poi c’è un discorso più finanziario e cioè “la bassa redditività del sistema bancario in molti Paesi, specialmente in Europa”, cui si aggiunge “il calo generalizzato di fiducia verso il mondo bancario ma, fenomeno ancor più di rilievo, la demonizzazione che viene strumentalmente portata avanti nel dibattito politico recente”. Il problema, ha chiarito il banchiere tedesco, è dunque la scarsa fiducia dell’economia nelle banche, viste sempre più come oggetti del male, piuttosto che del bene.

QUESTIONE DI SOLIDITA’

All’evento ha preso parte anche Federico Cornelli (Abi) il quale ha  ha ricordato come per arrivare ad un’unione bancaria veramente completa servano due elementi fondamentali: regole comuni e crescita. Senza le prime “che sono condizione indispensabile per la stabilità finanziaria, tutto rischia di essere vanificato”, ha spiegato Cornelli. “Ma c’è un’altro problema. Quello della solidità: senza un sistema veramente forte, strutturato e solido, è inutile pensare a un mercato bancario comune. Sistemi del credito forti evitano il sopraggiungere di doppie velocità, rendendo il progetto unico fattibile”.

IL PROBLEMA DEI DEPOSITI

C’è poi un ultimo ostacolo, evidenziato da Bruna Szego, a capo del servizio regolatorio e analisi della Banca d’Italia. Ovvero il terzo pilastro dell’unione bancaria, ovvero l’assicurazione comune dei depositi (Edis) che permetterebbe di uniformare il sistema di controllo e di responsabilità per la protezione dei depositanti, e che si aggiungerebbe a primi due, già avviati, che sono il sistema di vigilanza unico presso la Bce delle banche europee di maggiori dimensioni e il meccanismo di risoluzione unico, che prevede una serie di strumenti a disposizione del regolatore in caso di insolvenza da parte delle banca, tra cui il temuto bail-in). Ed è proprio l’aspetto dei depositi che spaventa i tedeschi che vedono in questo strumento una modalità di ripartizione delle perdite a livello europeo che poco tollerano. “Pesa una grande incertezza su questo aspetto”, ha spiegato la dirigente di Bankitalia: “Pesa soprattutto una frammentazione delle banche sovrane, quelle nazionali, su tale questione. Ma il completamento del terzo pilastro è parte essenziale del progetto unione bancaria e non può essere aggirato”.

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