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L’alluvione di Firenze e quella forza della solidarietà

Di Antonina Bargellini

Furono giorni drammatici quelli dell’alluvione del 1966, ma segnati da episodi meravigliosi e commoventi di aiuti tempestivi, immediati, e soprattutto dalla solidarietà di tutta l’Italia, da parte di singoli, organizzazioni, giovani e di tutto il mondo civile ed economico. Acquisimmo, noi fiorentini, forse per la prima volta, concretamente la consapevolezza di come “Firenze ebbe bisogno del mondo perché tutto il mondo aveva bisogno di Firenze”, come scrisse in una bellissima lettera Jacqueline Kennedy. Percepimmo la vera e profonda sensazione della forza costruttrice della solidarietà, la poesia dello spirito della ricostruzione, del messaggio vero e profondo che scaturì in quei giorni drammatici. Nel buio, nel silenzio, nel freddo, nel fango, scoprimmo tutti – giovani, anziani, famiglie – il calore dell’amicizia dei tanti che accorsero nella nostra città colpita.

Molti giovani si recarono a Firenze per amore della cultura e dell’arte, ferita in modo così grave, e furono travolti da un’ondata di passione che li portò, dopo quest’esperienza così toccante, a sognare di voler realizzare davvero quel mondo nuovo di solidarietà e di impegno politico che andava delineandosi nelle loro coscienze. In quelle notti attorno ai falò, sporchi di fango, stanchi del duro lavoro nelle biblioteche e negli scantinati, in più lingue diverse, riuscirono a creare quei legami e quello spirito che avrebbero portato negli anni seguenti a un nuovo modo, allargato a tutti i Paesi, di vivere una nuova esperienza sociale. Firenze capì allora come il mondo e i cittadini del mondo le erano vicini. Firenze era amata non solo dai fiorentini, dai letterati e dagli amanti dell’arte, ma era nel cuore e nella coscienza di tanti giovani per quello che rappresentava come città.

Quello spirito di solidarietà e di impegno sociale che emerse allora dalle acque e dal fango di Firenze non deve essere lasciato inabissare. Al di là di ogni celebrazione, che è doveroso compiere, questo è il messaggio profondo che ci induce a riflettere, e che abbiamo raccolto: un messaggio per il futuro per chi fu testimone di quei giorni e per le generazioni che sono giunte dopo quegli eventi, un messaggio che fece scoprire ai fiorentini e al mondo cosa Firenze rappresentava ancora, al di là dell’importanza storica della città e del suo immenso patrimonio artistico colpito: il ruolo che Firenze aveva e ha nelle coscienze dei cittadini del mondo. Voglio ricordare il messaggio di mio padre, Piero Bargellini, sindaco durante l’alluvione, con le sue precise parole: “C’è da augurarsi che tanta abbondanza di immagini allucinanti e racconti, di documentazioni, di testimonianze e di idee, insieme con i molti documentari televisivi, cinematografici e con la stampa quotidiana e periodica di tutto il mondo, non solo siano materia di storia per gli anni e le generazioni a venire, ma portino un effettivo e prezioso contributo a studi seri e a provvedimenti adeguati a ogni livello, cittadino, regionale e nazionale, per la graduale e rapida soluzione di tanti problemi sollevati o aggravati dall’alluvione, di ordine sociale, artistico, urbanistico ed economico. […] L’Italia e tutte le nazioni hanno testimoniato un grande amore quasi geloso per Firenze, capitale dell’arte e della bellezza e centro di civiltà e hanno manifestato e manifestano simpatia e ammirazione per il coraggio, la dignità e la ferma volontà realizzatrice del popolo fiorentino, il quale mai come in questi mesi ha sentito e riconosce che la sua città non è tanto sua quanto patrimonio universale, e ha sentito e sente che, oltreché un privilegio e un legittimo orgoglio, ha pure una responsabilità e compiti delicati verso il mondo intero” ( 25 maggio 1967).

Tra i tanti episodi di grande solidarietà e di profonda umanità che quei giorni così difficili mostrarono a Firenze, voglio ricordarne uno particolarmente toccante nella sua drammaticità. Ad Aberfan, cittadina del Galles, città nera del carbone dove gli abitanti faticosamente e duramente lavoravano nelle miniere – città con case dignitose ed essenziali anche loro annerite da anni di polvere e lavoro – un giorno, una montagna di detriti che sovrastava la cittadina si stacca distruggendo una parte del villaggio. Purtroppo colpisce e demolisce la scuola: spariscono così improvvisamente in quell’immane disastro tutti i bambini del Paese. La Gran Bretagna è scossa dal dolore, volontari accorrono per cercare di salvare i sopravvissuti: è il 21 ottobre del 1966. Pochi giorni dopo, i primi di novembre, venute a conoscenza dell’alluvione di Firenze, le famiglie di Aberfan formano un comitato per raccogliere coperte, vestiti e specialmente gli indumenti e i giochi dei loro piccoli, scomparsi in quella tragedia. Glyn Phillips, proprietario di una società di taxi, mette a disposizione un minibus e porta lui stesso tutto quanto raccolto a Firenze: era un modo per far rivivere ancora quei loro bambini nella cultura e nella bellezza della città di Firenze.

Antonina Bargellini (figlia del sindaco Piero Bargellini)

 

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