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Tutte le risposte di Google ai rilievi della Commissione europea

Nei rilievi o Statement of Objections presentati dalla Commissione europea a Google il caso Android viene considerato da alcuni il più rilevante, ma anche le obiezioni su Google Shopping e AdSense sono rilevanti per il colosso americano. L’Antitrust europeo contesta a Google di sfruttare la popolarità del suo motore di ricerca per rafforzare e promuovere il proprio servizio di comparazione dei prezzi e il suo servizio di ad placement. Il Senior vice president e General counsel di Google Kent Walker ha fornito risposte puntuali su tutti e tre i punti in due post separati, uno dedicato a Android e uno per Google Shopping e AdSense.

CHE COSA PENSA L’UE SU SHOPPING

“Siamo fiduciosi: questi rilievi della Commissione non sono sostenuti da prove e si basano su fatti e numeri errati. I segnali da guardare per giudicare se su un mercato esiste una concorrenza dinamica sono i prezzi bassi, l’abbondanza di scelta e l’innovazione costante e questa è un’eccellente descrizione dello shopping su Internet oggi”, ha dichiarato al sito TechCrunch un portavoce di Google sui due “casi” Shopping e AdSense.

Secondo l’ufficio Antitrust europeo diretto dal commissario Margrethe Vestager, Google favorisce il suo servizio di comparazione dei prezzi e così potrebbe non portare in cima ai risultati le informazioni più rilevanti rispetto a ciò che viene cercato dall’utente; su AdSense, invece, Google ostacolerebbe la concorrenza limitando la capacità dei competitor di piazzare search ads su siti di terze parti, a detrimento dell’innovazione e della scelta del consumatore.

LA REPLICA DI GOOGLE

Sul caso Shopping, Walker risponde osservando che il panorama del commercio online è molto cambiato negli ultimi dieci anni: ecco perché alcuni servizi di comparazione dei prezzi non arrivano più in cima ai risultati. “Il mercato cambia, la concorrenza cambia. Alcuni dei siti di price comparison che si sono lamentati con l’Antitrust Ue non riflettono più la natura e le esigenze del mercato”, scrive Walker. “Ci sono centinaia di siti di shopping comparativo e nel tempo alcuni hanno guadagnato traffico, altri lo hanno perso, alcuni sono entrati, altri sono usciti dal mercato. E’ una competizione dinamica”.

Anche sulla pubblicità online, il panorama “si trasforma rapidamente e aziende come Facebook, Pinterest e molte altre stanno re-inventando il modo di collegare chi vende e chi compra”. Ma, aggiunge Walker, “non c’è alcuna correlazione significativa” tra come i servizi di ricerca di Google si evolvono e il successo o il fallimento dei siti di comparazione dei prezzi. Inoltre, negli ultimi dieci anni, “una quantità di traffico sempre maggiore si è spostata dalle nostre pagine di search verso siti molto frequentati come Amazon e eBay e ciò dimostra che non favoriamo le nostre ads”. Anzi, il general counsel di Google non esita a definire Amazon “di gran lunga il maggior player dello shopping”; dalla Germania agli Usa, per lo shopping e il confronto dei prezzi i consumatori vanno prima su Amazon, non su Google.

I COMMENTI SU AMAZON

Walker osserva che la Commissione europea sostiene che i consumatori non vanno su Amazon per confrontare i prodotti e i prezzi. “Ma Amazon ha strumenti che consentono di fare proprio questo, e in più ti recapita quei prodotti a casa il giorno dopo”, scrive Walker. “Amazon è un competitor molto forte per noi e non ci sorprende che, quando Amazon e altri nuovi concorrenti sono sbarcati nei paesi europei, il traffico sui siti che fanno solo comparazione dei prezzi è sceso”.

Google fa anche notare che oggi esistono molte app dedicate, create anche dagli stessi negozi che vendono online, e i consumatori usano queste in misura crescente per fare shopping online; i cambiamenti nei risultati di ricerca su Google riflessono solo una realtà di mercato che cambia.

Insomma, per Walker, su Shopping come su Android, la Commissione Ue non capisce il mercato e “Costringerci a dirigere più click sugli aggregatori che fanno solo comparazione dei prezzi significherebbe sostenere artificialmente questi siti. Noi non possiamo concordare con una linea che implicherebbe per Google non servire al meglio i suoi utenti”.

ADSENSE: GOOGLE HA GIOCATO D’ANTICIPO

Su AdSense la Commissione ritiene che le policy di Google siano tali da tutelare la sua “posizione dominante nella pubblicità nei motori di ricerca” e che abbiano “impedito ai concorrenti attuali e potenziali, compresi altri motori di ricerca e piattaforme pubblicitarie, di inserirsi e svilupparsi in un settore di importanza commerciale”. In particolare, la Commissione parla nel suo Statement of Objections del ruolo di Google anche come “intermediario di pubblicità in siti terzi attraverso la piattaforma AdSense for Search”; gran parte delle entrate che Google ricava dall’intermediazione pubblicitaria nei motori di ricerca proviene da accordi con “partner diretti” e la Commissione ritiene che con questi accordi “Google violi le norme antitrust dell’Unione imponendo le seguenti condizioni: esclusiva; posizionamento privilegiato di una quantità minima di pubblicità Google; diritto di autorizzare pubblicità concorrenti”.

Google ha già introdotto delle modifiche al suo programma AdSense per venire incontro alla Commissione, sperando di risolvere la disputa, come ha spiegato un portavoce: “Le nostre ads di testo aiutano i siti web a generare guadagni e hanno sempre subito la concorrenza di altri formati pubblicitari, per cui non siamo d’accordo con le obiezioni della Commissione, anche se, anche prima della presentazione dello Statement of Objections, abbiamo modificato le nostre regole nella speranza di risolvere al più presto”.

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