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Referendum, il giorno dopo la tempesta

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La premessa ragionevole è che innanzitutto la democrazia è una concezione che considera essenziale il riconoscimento dei diritti politici a tutti i cittadini e oggi è un bel giorno perché la maggioranza del popolo italiano ha potuto salvare la nostra bella Carta istituzionale. I diritti politici sono stati esercitati e tutti gli italiani e le italiane hanno potuto votare cioè a suffragio universale, e di formare e propagandare liberamente partiti politici.

Vero è che la maggioranza ora ha una multiforme composizione ma i partiti e i movimenti hanno il tempo (ora o mai più) di darsi delle regole per poter costruire la stabilità. In questa direzione sarà indispensabile individuare una forma di aggregazione in cui chi vuole esercitare il suo diritto a candidarsi lo possa costruire. Le donne e gli uomini che consentono poi veramente di partecipare alla vita dello Stato e di contribuire a determinare le decisioni che esso prende.

Togliere la libera scelta attraverso le libere elezioni tra partiti di idee diverse non poteva essere democrazia. Così ora dobbiamo avere quella capacità di scegliere i membri di una Costituente per modificare la Carta. Ci attende un periodo di grande impegno con silenziosa discrezione ma muovendo i gangli vitali di un sistema statico che può ritrovare feconda mobilità nelle brulicanti opportunità che il Paese deve affrontare. Superando la verticalizzazione del comando. Non servono nuove riforme occorre progettare il nuovo, regolare lo sviluppo del mercato, sostenerlo quando è necessario accelerare i processi che chiedono tensione innovativa.

Troppi annunci della definizione di governance, per esempio, sia per le emergenze abitative che per gli immigrati e dunque per la sicurezza, per il lavoro e i giovani, quando lo Stato ha risorse marginalissime, e servono compartecipazione finanziarie con regole precise senza spavalde azioni di disintermediazioni tra popolo ed elite. Avanti dunque, la democrazia va esercitata.

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