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Cosa penso del voto degli italiani all’estero

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Celebriamo entusiasti Halloween e il Black Friday ma dimentichiamo di aver importato a suo tempo dagli Stati Uniti d’America un concetto molto più importante: quel “No taxation without representation” che sta alla base di ogni moderna democrazia. Nel mio piccolo, me ne ricordo ogni qualvolta ricevo per posta e via mail – in quanto cittadino di nazionalità anche francese – appelli e opuscoli da parte di candidati d’Oltralpe. Li ignoro puntualmente, rifiutandomi di esercitare il diritto di voto per le primarie, per il rinnovo dell’Assemblea nazionale, soprattutto per le elezioni presidenziali. Il motivo della mia scelta è semplice: non pago le tasse in Francia, non vedo perché mai dovrei decidere del governo di quel Paese. Non è giusto.

Vorrei tanto che lo stesso ragionamento venisse adottato dai 4 milioni di italiani iscritti all’anagrafe dei residenti all’estero. È vero, la legge consente loro di votare propri rappresentanti in Parlamento. Si tratta di un diritto di tribuna tutto sommato recente, che esercitano eleggendo pochi deputati e senatori in circoscrizioni ad hoc. Nel caso del referendum costituzionale la questione però cambiava radicalmente: limitandosi alla scelta tra un Sì e un No, non tra candidati espressione di diversi partiti. Comunque si siano espressi, dubito che la loro decisione sia stata consapevole. Cosa conoscono costoro della lontana Italia, dell’aspro dibattito politico e soprattutto del contenuto specifico delle modifiche che si intendevano apportare alla nostra Carta costituzionale? Pochino, a voler essere ottimisti. E mi sembra tra l’altro indicativo della loro confusione il fatto che molti abbiano votato inserendo nell’apposita busta il ritaglio dell’opzione scelta quando non addirittura il loro certificato elettorale…

Spero almeno che prima di pronunciarsi si siano letti il quesito (sempre che gli italiani di seconda o terza generazione conoscano la nostra lingua), così scoprendo che proponeva tra l’altro “il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”. Un testo che guarda caso il governo Renzi aveva formulato alla Massimo Catalano o, se preferite, alla Jacques Chabannes monsieur de La Palisse. Non deve quindi sorprendere che, messa in questi termini, il 64,7% dei votanti abbia scelto il Sì. Al loro posto voi cosa avreste fatto?

L’esito di una contesa così importante ha rischiato insomma di essere affidata al giudizio di persone poco informate e che un minuto dopo il voto sono giustamente tornate a occuparsi dei loro affari nonché della politica e del governo del Paese in cui abitano. Vogliamo davvero continuare a dar loro questo potere? Benissimo, ma d’ora in poi applichiamo nei loro confronti il principio del “No votation without taxation”. Allora sì che ne vedremmo delle belle.

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