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Così Pittella e Tajani si sfidano per la presidenza del Parlamento europeo

Se fosse un film, il titolo più azzeccato sarebbe “Una poltrona per due”. Anche se poi, come accade spesso in questi casi, a spuntarla potrebbe essere il classico terzo incomodo. I pretendenti in questione sono entrambi italiani e il posto è quello di nuovo presidente del Parlamento europeo. A contenderselo – in questa sorta di derby nostrano – sono Antonio Tajani e Gianni Pitella: il primo è un esponente di punta del Ppe, per conto del quale ricopre oggi il ruolo di vicepresidente vicario dell’europarlamento. Il secondo è uno dei membri di spicco del Pse, dal 2014 alla guida, all’interno dell’assemblea di Strasburgo, del gruppo denominato Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici.

L’ADDIO DI SCHULTZ

Un duello innescato dall’addio certo dell’attuale presidente – il tedesco e socialista Martin Schulz – che lascerà il suo incarico dopo due mandati consecutivi, il secondo dei quali iniziato nel luglio 2014 con l’arrivo a Strasburgo dei nuovi eurodeputati. La sua conferma, dopo la prima elezione del 2012, venne decisa nell’ambito di un patto più ampio tra Ppe e Pse, che si accordarono sui nomi di Jean-Claude Juncker alla Commissione e di Schulz, appunto, al Parlamento europeo. Secondo quell’accordo, alla scadenza del mandato del tedesco la presidenza sarebbe dovuta toccare a un popolare, che è stato individuato in Tajani, forte tra l’altro di un’esperienza in Europa lunga oltre vent’anni.

LA ROTTURA DELL’ALLEANZA

L’alleanza tra socialisti e popolari – sorta anche e soprattutto per fare blocco comune contro gli anti-europeisti e gli euro-scettici – adesso, però, rischia seriamente di saltare. Anzi – stando a quanto accaduto negli ultimi giorni – è già di fatto saltata. Un paio di settimane fa Pittella ha infatti annunciato ufficialmente la sua candidatura a presidente dell’europarlamento, con l’ammissione che il Pse non si sente più vincolato al patto siglato nel 2014 con i Ppe. Che invece, dal canto suo – in linea con quell’accordo – ha proposto il nome di Tajani.

LE RAGIONI DELLA ROTTURA

Una rottura determinata da una pluralità di motivi, ma ancora non definitiva “, ragiona con Formiche.net un funzionario che ben conosce le dinamiche interne al Parlamento europeo. Le ragioni del Pse sarebbero due: innanzitutto la volontà di coprirsi a sinistra, anche per cercare di frenare la crisi di consenso e d’identità che sta colpendo i socialisti di tutta Europa. E poi anche il tentativo di mantenere un equilibrio nei rapporti di forza con i popolari, che attualmente – oltre a guidare la Commissione con Juncker – sono anche al vertice del Consiglio Europeo con il polacco Donald Tusk. Insomma, con l’elezione di Tajani il Ppe si troverebbe ad avere la presidenza dei tre più importanti organi europei: un boccone troppo amaro per una forza politica in difficoltà come il Pse.

LA MEDIAZIONE POSSIBILE

Le trattative per una possibile mediazione nel frattempo proseguono: d’altronde, c’è tempo fino al 17 gennaio per trovare una nuova possibile sintesi. Tra le ipotesi da non escludere anche quella di un avvicendamento alla guida del Consiglio Europeo per trovare un nuovo bilanciamento tra i vari organi. In questo schema Tusk – il cui mandato scade il prossimo giugno – verrebbe sostituito da un socialista, che – secondo alcuni – potrebbe essere il primo ministro maltese Joseph Muscat. Tuttavia – dicono fonti di Strasburgo – questa soluzione incontrerebbe almeno un paio di ostacoli. E, quindi, da un lato bisognerebbe convincere Angela Merkel – la vera garante del patto del 2014 – peraltro molto vicina a Tusk, ritenuto strategico anche per il ruolo svolto in Polonia in opposizione alla svolta ultra-nazionalista di Jarosław Kaczyński. Stando alle ultime indiscrezioni, la cancelliera tedesca avrebbe dato il via libera all’operazione pur riservandosi il diritto di scelta del nuovo presidente del Consiglio Europeo tra una rosa di nomi socialisti da sottoporle. Dall’altro lato, invece, si rileva come il Pse possa decidere di fare un passo indietro e di ritirare la candidatura di Pittella solamente sulla base di un impegno formale da parte dei popolari e non certo di una semplice promessa.

LA VIA CHE IL PPE NON VUOLE SEGUIRE

Per ottenere comunque l’elezione di Tajani, il Ppe – che rimane pur sempre il gruppo più numeroso dell’europarlamento – in teoria potrebbe anche andare a cercare l’appoggio di altre forze politiche. Nello specifico dovrebbe avviare un dialogo con l’Efd (Europa della Libertà e della Democrazia Diretta) – di cui fa parte anche il M5S -, con l’Ecr (i Conservatori e Riformisti Europei) e con l’Enf (Europa delle Nazioni e della Libertà), cui appartengono, tra gli altri, i francesi di Marine Le Pen e i leghisti di Matteo Salvini. Una mossa difficile da ipotizzare perché imporrebbe ai popolari un’alleanza indigesta con tutte quelle forze politiche che – a vario titolo – mettono fortemente in discussione la costruzione europea. Gli interlocutori di riferimento, dunque, rimangono i gruppi dalla forte vocazione europeista: i socialisti appunto, e poi i liberali dell’Alde, la Sinistra europea (Se) e i Verdi.

IL DERBY TUTTO ITALIANO

Il duello a distanza ingaggiato da Pittella e Tajani potrebbe, infine, trasformarsi nel più classico degli autogol, almeno dal punto di vista degli interessi dell’Italia, che non esprime il presidente del Parlamento europeo dal lontano 1979: l’ultimo è stato Emilio Colombo, il quale peraltro lasciò la presidenza prima ancora che la carica di eurodeputato diventasse elettiva. C’è chi sostiene, infatti, che alla fine – tra i due litiganti Pittella e Tajani – potrebbe spuntarla il terzo, il liberale Guy Verhofstadt: ex primo ministro belga, già candidato alla guida della Commissione nel 2014 e oggi nel gruppo dei rappresentanti europei nei negoziati con la Gran Bretagna sulla Brexit. Sul suo nome potrebbe così raggiungersi un’estrema mediazione tra socialisti e popolari. Ma se anche quest’ultimo tentativo dovesse fallire, finirebbe con il tremare anche la poltrona di Juncker, arrivato al vertice della commissione proprio in virtù dell’accordo tra Ppe e Pse. Uno scenario che al momento – tra Bruxelles e Strasburgo – viene comunque considerato scarsamente probabile.

GLI ALTRI ITALIANI 

Tajani e Pittelta non sono, peraltro, gli unici italiani in lizza per la presidenza dell’europarlamento. Ce ne sono anche altri due, le cui chance di vittoria sono però, di fatto, ridotte al lumicino. Si tratta di Eleonora Forenza candidata del gruppo della Sinistra unitaria europea e di Piernicola Pedicini del MoVimento 5 Stelle.

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