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Il Sole 24 Ore, la vera diffusione nel 2015 e i prossimi passi di Fossa e Moscetti

Di Pietro Di Michele e Niccolò Mazzarino
palamon moscetti

L’aumento di capitale del Sole 24 Ore ci sarà non prima della fine di febbraio 2017, dopo il nuovo piano industriale. Sono alcuni degli elementi emersi dall’assemblea dei soci del gruppo editoriale controllato da Confindustria in cui sono stati forniti nuovi numeri (meno 34% in meno rispetto a quelli comunicati in passato) sulla diffusione del quotidiano diretto da Roberto Napoletano nel 2015. Ma andiamo con ordine, mentre Confindustria si interroga su passato, presente e futuro del gruppo (qui le ultime indiscrezioni in un articolo di Formiche.net).

CONTI E RICAPITALIZZAZIONE 

Gli azionisti del Sole 24 Ore hanno deliberato «di rinviare a nuovo la perdita al 30 settembre 2016», con l’obiettivo di «prendere gli opportuni provvedimenti ai sensi dell’articolo 2446 del codice civile al più tardi sulla base del progetto di bilancio al 31 dicembre 2016». È quanto si legge in un comunicato della società. L’assemblea ha poi confermato in cda il nuovo amministratore delegato Franco Moscetti, che era stato cooptato dal board lo scorso 15 novembre. Nel corso dell’assemblea il presidente Giorgio Fossa ha sottolineato che «gli amministratori terranno sotto controllo la sussistenza del capitale per evitare di incorrere nella situazione di cui all’articolo 2447 del codice civile».

I PROSSIMI PASSI

L’ammontare dell’aumento di capitale del Sole 24 Ore sarà deciso a valle della presentazione del piano industriale, atteso entro metà febbraio. «In funzione del piano stabiliremo l’entità dell’aumento, ora è prematuro dirlo», ha sottolineato Fossa a margine dell’assemblea degli azionisti. Il Sole, ha aggiunto, è disposto a valutare in sede di aumento l’apertura del capitale a nuovi soci di minoranza: «Confindustria ha il 67,5% e c’è un 30% circa libero sul mercato», ha aggiunto, notando che possibili nuovi ingressi dipenderanno «da quanto saremo appetibili». L’amministratore delegato Franco Moscetti, a questo proposito, ha sottolineato che «c’è molto interesse, non solo dall’Italia».

I CONTI DEI NOVE MESI

Dalla relazione sui nove mesi di attività, si rileva che la società ha chiuso i primi nove mesi del 2016 con una perdita di 61,6 milioni di euro, in crescita rispetto ai 26,1 milioni del 2015. Il risultato al netto degli oneri non ricorrenti è negativo per 35,1 milioni. I ricavi sono diminuiti a 208,4 milioni (da 227,4 milioni) mentre l’Ebitda è peggiorato a -25,3 milioni (da -12,5 milioni). La posizione finanziaria netta è negativa per 33,9 milioni.

I NUOVI NUMERI

Dall’assemblea è emerso che il quotidiano finanziario ha diffuso in media l’anno scorso 34% di copie in meno al giorno, secondo un ricalcolo affidato ad un operatore indipendente (Protoviti) e auspicato dalla Consob. Fossa ha indicato una diffusione giornaliera pari a 248mila copie, al posto delle 375mila copie complessive, tra stampa e digitale, indicate nella relazione di bilancio. Un divario dovuto – ha spiegato Fossa – “ad attività promozionali e di co-marketing” per il 14%, mentre il 12% è ancora in fase di accertamento in fase di Ads (Accertamenti Diffusione Stampa) e l’8% è “a soluzione nel 2016”. Su Facebook, il giornalista di Mf/Milano Finanza, Andrea Montanari, ha scritto: “Se le copie sono state ricalcolate, -34%, allora anche i ricavi vanno ricalcolati? E di conseguenza anche il resto del bilancio 2015?”.

LA VICENDA INTRICATA

Sempre su sollecitazione di Consob, Fossa ha anche dichiarato che “non esiste una policy generale nel sostegno alla diffusione sottoposta al Cda”. La dichiarazione si riferisce alle contestazioni secondo cui il gruppo avrebbe condotto una politica per spingere la diffusione delle copie del quotidiano, che in qualche caso è costata più degli introiti incassati dalle vendite. Fossa ha precisato anche che “la correlazione tra diffusione copie e raccolta pubblicitaria non è direttamente proporzionale”.

COSA HA DETTO PROTOVITI

L’indagine Protiviti, come riferita ieri dalla società alla Consob, illumina il modo con cui è stato perseguito in questi anni il “sostegno alla diffusione”. Scrive il Fatto Quotidiano: “La Di Source, misteriosa società creata a Londra a novembre 2012 e ingaggiata dal Sole il mese dopo, disponendo di 60 mila indirizzi di italiani residenti all’estero, ha piazzato oltre 30 mila abbonamenti digitali, con una redemption, come la chiamano gli esperti di marketing, talmente alta che ci si chiede come nessuno si sia insospettito” “Il gruppo Johnsons – aggiunge Giorgio Meletti sul quotidiano diretto da Marco Travaglio – regalava in giro ogni giorno 19 mila copie del Sole. La Edifreepress distribuiva 4 mila copie nel 2015 ed è arrivata a 14 mila nel primo semestre 2016”. Commenta il Fatto: “Questa diffusione drogata ha portato al giornale non profitti ma perdite: 3 milioni in tutto nel 2015, soldi buttati per abbellire i risultati mentre si chiedevano 4 milioni all’anno all’istituto previdenziale dei giornalisti per finanziare i contratti di solidarietà”.

LE SCELTE DI MOSCETTI

Il neo ad, Franco Moscetti, che ha preso il posto del precedente capo azienda Gabriele Del Torchio, ai ferri corti con i vertici di Confindustria (Fossa ha specificato che con Del Torchio il gruppo non ha ancora trovato una intesa sulla buonuscita) ha spiegato che è stato scelto “un advisor finanziario, stiamo lavorando sulla rinegoziazione del debito”. L’advisor è lo studio Vitale. A seguito dei rilievi posti da alcuni azionisti sulle condizioni dell’indebitamento del gruppo, meno favorevoli di quelle della concorrenza, ha aggiunto: “Non è facile oggi fare un roadshow per rinegoziare non solo il debito – ha detto il manager – ma nemmeno un aumento di capitale, presentandomi nelle condizioni in cui oggi è il Gruppo”. Secondo Moscetti il piano non prevederà dismissioni e il calendario prevede di arrivare all’aumento “prima dell’assemblea sull’approvazione del bilancio. Prima ci arriviamo – ha aggiunto – meglio è”. Quanto a nuovi soci, “c’è molto interesse, non pensavamo, anche fuori dall’Italia”.

IL PIANO SECONDO FOSSA

I partecipanti all’assemblea hanno notato una stoccata indiretta del presidente Fossa al precedente top management quando si è parlato del nuovo piano industriale. “Se dobbiamo farne uno come quello che abbiamo ereditato è semplice, basta riempire delle caselle, ma né io né il cda siamo disposti a barare sul piano industriale. Siamo qui per difendere una società che è un patrimonio per il Paese – ha aggiunto – nell’interesse dell’azionista di maggioranza, degli azionisti e dei dipendenti”. Quanto alla posizione del direttore Roberto Napoletano, secondo Fossa “per il momento la sua sostituzione non è all’ordine del giorno”.

LE PAROLE DEL DIPENDENTE E AZIONISTA BORZI

Su Facebook, l’azionista e dipendente del Sole 24 Ore, Nicola Borzi, autore tra l’altro di diversi esposti alla Consob sui conti del gruppo, ha scritto dopo l’assemblea: “Finalmente per me si chiude un incubo, sebbene se ne apra un altro per la nostra sopravvivenza come azienda e come giornale. Il comunicato di oggi emesso dalla società, su richiesta della Consob, assevera che i miei cinque esposti all’azienda e alla autorità di vigilanza, presentati tra il 5 ottobre e l’8 novembre scorsi, erano fondati. Di Source e Johnsons non erano nomi usciti dalla mia fantasia, non mi ero inventato Kleinen, non avevo costruito castelli in aria. Le mie fonti erano valide, la mia indagine sui conti dell’azienda durata sei anni e mezzo, vissuti tutti sotto traccia, non era infondata. Ora si apre la verifica delle responsabilità civili e forse penali. Intanto sono chiarissime quelle aziendali ed editoriali che hanno portato a gonfiare del 34% la diffusione, a danno del mercato degli azionisti e dei dipendenti. Dipendenti che hanno finanziato inconsapevolmente manovre diffusionali insensate (e tutte in perdita) anche con i risparmi ottenuti sul costo del personale, pagati con i loro contratti di solidarietà e di cassa integrazione (e anche con il ricorso a fondi pubblici)”.

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