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Istanbul, tutti i dettagli sull’attentato terroristico

Di Marta Ottaviani
erdogan

Ci sono almeno 29 vittime, la maggior parte poliziotti. E questo è un dato certo. Per il resto, le due esplosioni di ieri notte a Istanbul rimangono avvolte nel mistero, come molti degli attentati che hanno colpito la Turchia nell’ultimo anno e mezzo.

Le deflagrazioni non sono arrivate in una serata qualunque. Allo stadio Ismet Inonu di Istanbul, veniva disputata la partita più delicata del campionato, ossia quella fra il Besiktas e il Bursaspor. Un match importante non tanto per le sorti della Turkcell League, quanto per le due tifoserie. I padroni di casa, i  bianconeri del Besiktas, sono storicamente l’unica tifoseria di sinistra nel campionato turco, tradizionalmente avversi a Erdogan. Di converso, i tifosi del Bursaspor appartengono agli ambienti più religiosi e conservatori del Paese. Chi conosce la Turchia, sa che questo è l’unico match realmente in grado di provocare forti problemi nell’ordine interno. Nel 2010, scontri fra le tifoserie avevano addirittura provocato vittime e da qual momento Besiktas-Bursaspor è diventato una specie di partita del terrore, dove tutto il centro di Istanbul veniva opportunamente tenuto sotto controllo e presidiato onde evitare incidenti. Tutto è sempre più o meno filato liscio tranne quest’anno, quando, in assenza di scontro fra le due tifoserie, qualcuno, si deve ancora appurare chi, è riuscito a piazzare due autobomba, una dietro lo stadio, in una zona difficilmente accessibile e l’altra fra la zona dell’impianto sportivo e piazza Taksim, ormai, nel bene e nel male, centro delle vicende della vita civile del Paese.

Il ministro dell’Interno, Suleyman Soylu, ha parlato di “complotto” e nel Paese la tendenza principale al momento sembrerebbe quella di additare i Falchi per la Libertà del Kurdistan (Tak), l’ala più intransigente del Pkk, secondo molti ormai entità autonoma, come maggiori responsabili dell’attacco. Il bersaglio e il timing dell’attacco farebbero propendere per questa tesi. A perdere la vita sono stati soprattutto poliziotti,  da sempre uno dei bersagli favoriti dai separatisti. La partita era finita e i tifosi stavano lasciando lo stadio. In aggiunta a questo, proprio ieri è arrivata in Parlamento la bozza di riforma costituzionale, che prevede un sistema presidenziale forte sul modello di quello francese e dove Recep Tayyip Erdogan ha incassato l’appoggio dei nazionalisti del Mhp. Questo significa addio ai riconoscimenti che la minoranza curda aspetta da una vita. Bisogna poi considerare che i Tak/il Pkk non hanno mai preso di mira manifestazioni pubbliche o sportive.

Ma dall’altra parte, c’è chi ritiene che attribuire la paternità di un attentato come questo senza una rivendicazione sia quanto meno prematuro. L’attacco arriva in un momento in cui la Turchia è bersagliata da un terrorismo di matrici differenti. Proprio nelle ultime settimane, nel Paese si rincorrono voci secondo le quali Daesh, un tempo in sintonia con i corridoi del potere di Ankara, adesso sia più che determinato a colpire proprio gli ambiti più vicini al partito di maggioranza. E che, a differenza dei separatisti curdi, ha più volte preso di mira manifestazioni pubbliche. Se a questo si aggiunge che l’85% dei poliziotti vota Akp, la formazione fondata da Erdogan nel 2001 e che la partita di ieri era, prima di ogni altra cosa, un match ideologico, forse è troppo presto per trarre delle conclusioni.

Tutte tranne due. La prima è che la Turchia ormai è un terreno fertile per attentati terroristici di varia natura. La seconda è che il proverbiale controllo turco sul territorio dal 2015 è soltanto un lontano ricordo. Se poi si legge la dichiarazione del presidente Erdogan di ieri sera, in cui paragona le vittime dell’attentato a quelle del golpe, e metteva sullo stesso piano il terrorismo separatista e jihadista con quello di Fethullah Gulen (l’ex imam e alleato, ora causa di tutti i mali del Paese) sorge anche il legittimo dubbio che questa filiera del terrore sia in qualche modo funzionale al mantenimento di un fittizio ordine interno, basato sulla paura, dove il Capo dello Stato sembra ancora l’unica alternativa possibile. A voler essere maligni, poi, ci si potrebbe chiedere come sia stato possibile che una macchina piena di esplosivo sia stata lasciata incustodita dove poteva uccidere in una delle sere potenzialmente più pericolose dell’anno.

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