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Omosessualità e natura

Di Rodolfo De Mattei

Il dibattito attorno al tema dell’omosessualità e del matrimonio tra persone dello stesso sesso fa sorgere degli spontanei quesiti attorno ai dirimenti concetti di naturale e innaturale, vero ed erroneo, giusto e ingiusto. La discussione è fortemente divisiva e, nello scontro culturale in atto, si affrontano due schieramenti, sostenitori di due visioni profondamente diverse, ognuna convinta di essere dalla parte del giusto, sebbene una di esse per la sua intrinseca posizione relativista nega alla base l’esistenza stessa di un criterio di giusto e ingiusto.

Tale contrapposizione è rivelatrice di quello che è il vero nocciolo della questione al fine di arrivare a una effettiva comprensione della posta in gioco. Il punto di partenza di ogni discussione dovrebbe essere, come scrive Robert Reilly, “il comprendere che “la Natura è quello è”, indipendentemente da quello che ognuno desideri o detesti che sia. Noi siamo parte di essa e ad essa soggetti. Noi non facciamo la Natura. Non è un nostro oggetto. Essa ci è data”.

Un prodotto della filosofia greca è stata la grandiosa scoperta del, fino ad allora sconosciuto, concetto di “natura”, collegandolo poi all’idea di finalità e di ordine. Fino a quel momento, gli uomini erano, infatti, immersi in una visione mitologica del mondo, che, seppur non annidasse ancora il concetto di “natura”, era nondimeno, a modo suo, una ricerca di una spiegazione del “senso” intravisto nel modo di funzionare del mondo. Tale ricerca di senso varca un nuovo livello con la filosofia greca. Con essa, i filosofi si mettono alla ricerca dell’essenza o principio intellegibile delle cose. Prima, i pre-Socratici, cercando un principio unico (archè) che spiegasse l’universo considerato come insieme; e poi, a partire da Socrate (secolo V-IV a.C.), e contro il relativismo dei sofisti, la ricerca anche dell’essenza di ogni essere, al fine di poter comprenderla e trarne poi i fondamenti per l’azione buona che portasse giovamento alla realizzazione piena degli essere razionali e della collettività.

La sistematizzazione più chiara del concetto di natura arriverebbe, infine, con Aristotele (secolo IV a.C.), poi ripreso dalla filosofia scolastica, che nella natura vedono l’essenza di ogni ente in quanto principio di azione (agere sequitur esse). Per la maggior parte, questi filosofi, nelle diverse epoche, si rendono conto che la spiegazione del senso del mondo e dell’uomo deve poggiare su qualcosa di oggettivo e intelligibile, e non qualcosa di arbitrario, incapace di manifestare un disegno o criterio razionale, dell’essere o dell’azione. Anche un filosofo come Eraclito (secoli VI-V a.C.), che seppur abbia dato luogo a una schiera di seguaci relativisti, vuole ancora presentare una giustificazione che pretende sia oggettiva e che potesse rendere razionale il modo in cui la realtà si presenta.

All’affermare che l’universo era intellegibile e che, per questo, l’uomo era capace di comprendere il suo ordine, diversi di questi filosofi dichiarano la possibilità di comprendere anche l’idea di natura. La realtà non può essere conoscibile che tramite la comprensione del concetto di “natura”: “È possibile capire il funzionamento di un orologio perché esso è il risultato di un disegno razionale e di un autore intelligente”. Dietro a ogni creatura vi è un pensiero o una saggezza che i primi filosofi greci chiamarono logos. Noi siamo in grado di conoscere la realtà o che cosa essa è, in quanto è stata fatta dal logos o, detto in altri termini, dalla ragione, che la cosa poi riflette, avendo dunque un senso che non dipende da essa.

Natura è dunque il principio essenziale insito in ogni creatura. Un seme di limone se non ci saranno intralci nel corso del suo naturale sviluppo crescerà e diventerà un albero di limoni e questo perché nel seme di limone è racchiusa la sua essenza che contiene il progetto e farà sì che esso diventi un limone e non un leone. Per questo, con il termine natura o legge naturale si intende il principio di sviluppo che guida lo sviluppo di ogni creatura, il suo fine intrinseco. Tale fine o telos costituisce lo scopo autentico per la quale la creatura è stata creata. Per natura, intesa in maniera corretta, si intende, dunque, il progetto insito in ogni cosa che esiste, e quindi anche, e in special modo, nelle persone, guidando la loro crescita e il loro sviluppo, il loro modo di essere e di agire nel mondo.

In tale prospettiva, per progetto si intende ciò che cose o persone farebbero o sarebbero, senza il sopraggiungere di interferenze negative nel normale corso fisiologico o biologico previsto dalla natura. Così come tutte le creature, anche l’uomo, anch’esso creatura, ha una sua natura e quindi, come ogni altro essere, un proprio fine, un suo specifico progetto. Ma a differenza degli animali e degli esseri inanimati, l’uomo ha una sua natura razionale, cioè è un essere intelligente e libero, capace di realizzare il progetto che scopre nella propria natura. Il mancato verificarsi delle condizioni di sviluppo armonico di un progetto non significa tuttavia che esso non esista.

Normale è dunque ciò che segue una norma che serve da criterio oggettivo di giudizio, e, pertanto, le regole della natura; anormale ciò che pretende stravolgere lo specifico ordine e progetto che regola la vita degli esseri razionali. In altre parole, normale è ciò che è ordinato, in quanto corrispondente al vero fine per il quale è stato creato, mentre anormale è ciò che è disordinato rispetto al fine e quindi falso. In questo senso, la misura della normalità non dipende dalla percezione soggettiva e dalla statistica ma, in senso aristotelico, dall’essere, ossia dalla natura stessa delle cose. L’ordine dell’essere è il fondamento dell’ordine dell’agire, secondo la nota massima tomista, Agere sequitur esse, per la quale l’agire deve conformarsi all’essere e non viceversa. L’attrazione verso l’altro sesso è parte dell’ordine naturale e, essendo inscritta nella natura delle cose, costituisce una realtà di carattere naturale. Se capovolgiamo tale visione, qualsiasi tipo di orientamento sessuale diventa possibile, riducendosi a un semplice fenomeno convenzionale, sganciato da qualsiasi fine o riferimento naturale.

Altrimenti, ognuno è libero di inventarsi una “norma” propria, e il concetto stesso di norma o normalità finisce per dissolversi, e si dissolve anche ogni criterio di azione, che permetta di preferire un modo di agire a un altro, dal momento che tutto si equivale. Si dissolve, infine, la nozione stessa di bontà o di azione buona, giusta o adeguata. Non esistendo più alcun criterio che valga per sé, è la stessa azione o condotta umana che viene resa impossibile, dacché ogni atto implica una scelta fra diverse opzioni, e ogni scelta richiede un criterio che permetta preferire un modo di agire rispetto a un altro.

Nelle creature non umane tale fine naturale si manifesta attraverso l’istinto o la legge fisica. Ogni cosa vivente ha un suo telos, un obiettivo intrinseco, verso il quale non volutamente tende. Telos che l’uomo, creatura dotata di intelletto e volontà, a differenza delle piante e degli animali, può decidere se perseguire o meno. Tutto ciò che va contro questo principio di “natura” è innaturale, nel senso che va contro il proprio stesso fine e principio di sviluppo. Se nelle cose inanimate il fine è ovvio e preordinato, in quanto intrinseco nella sua legge fisica per cui, ad esempio, un sasso lasciato cadere dalla finestra cade per effetto della legge di gravità; negli esseri umani, creature razionali, tale fine non è imposto, in quanto l’uomo, essere libero dotato di intelligenza e volontà, può decidere se corrispondere o meno al proprio fine.

Per queste ragioni, è dalla loro “natura” che noi possiamo comprendere il retto, in quanto conforme al vero, funzionamento delle cose, e dal momento che il fine di ogni cosa è intrinseco alle stesse, l’uomo non deve crearlo, ma solamente scoprirlo e ad esso conformarsi attraverso l’uso di una delle sue facoltà conoscitive: la ragione. In questo senso, è legittimo e appropriato definire gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso come “atti contro natura”, finalizzati unicamente allo sterile e perverso piacere della coppia, in quanto essi negano e contraddicono quello che è il fine e il progetto autentico dell’atto sessuale: la riproduzione tramite l’unione complementare dei due corpi, anch’essi finalizzati per loro natura in modo complementare per l’unione e la riproduzione.

 

 

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