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Mps, Carige, Bper, Ubi. Ecco i prossimi esuberi nelle banche

Sono circa 13mila i bancari che lasceranno il posto di lavoro nei prossimi anni per un costo compreso tra 1,6 e 2 miliardi di euro. La stima arriva dalla First Cisl, primo sindacato del settore finanziario italiano, che ha analizzato i piani industriali di 17 gruppi del credito. Grazie ad accordi sottoscritti nel 2016, in aggiunta ad altre uscite in corso frutto di intese precedenti, si arriva dunque a una cifra di 12.952 esuberi dei quali la maggior parte si deve ascrivere a Monte Paschi di Siena (2.900 al lordo del turnover, 600 uscite già pattuite), a Unicredit (2.900), a Banco Bpm (2.100) e a Ubi (1.300). Per l’istituto guidato da Jean Pierre Mustier si potrebbero considerare anche i 3.900 nuovi esuberi previsti dal piano approvato lo scorso dicembre ma che saranno oggetto di trattativa sindacale a partire dalle prossime settimane.

I GRUPPI

Sotto le 1.000 uscite Bper (800), Bnl (780), Carige (500), Carife (350), Credite Agricole (300), Popolare Vicenza e Creval (230 a testa), Cassa di Risparmio di Cesena (170) e Hypo Alpe Adria Bank (104). Sotto le 100 unità invece Banco Desio (90), Banca Popolare Pugliese (80) e Banca Popolare Lecchese (18). Per capire appieno l’impoverimento dell’organico nel settore, il sindacato ricorda che, se è vero che alcuni accordi aziendali prevedono anche nuovi ingressi, è pure vero che in alcuni gruppi si è individuato nel blocco del turnover un ulteriore strumento di progressivo contenimento del personale.

I COSTI

Per quanto riguarda l’esborso cui devono far fronte le banche per mandar via tutti questi dipendenti, “avere un dato esatto è pressoché impossibile – spiegano dalla First Cisl -, anche perché è correlato a una serie piuttosto ampia di variabili (età anagrafica, anzianità di servizio, inquadramento, periodo di permanenza nel fondo di solidarietà di settore, incentivi)”. Una cifra di massima però si può individuare, come dicevamo sopra, in 1,6-2 miliardi di euro che possono arrivare a sfiorare i 2,5 miliardi con le pattuizioni – prima fra tutte quella degli altri 3.900 di Unicredit – che si andassero a sottoscrivere nei primi mesi del 2017.

LE RISORSE

Si tratta di costi che per gran parte vanno a pesare sul Fondo di solidarietà di settore, le cui prestazioni della sezione straordinaria – cui si ricorre in caso di esodi – sono a carico della banca. Proprio in vista delle uscite dei prossimi anni il governo nell’ultima legge di Bilancio ha inserito una norma per integrare di 648 milioni in cinque anni, fino al 2021, il fondo esuberi di categoria istituito presso l’Inps che è alimentato dagli istituti di credito e dai lavoratori del settore (a questo proposito si veda “Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps. Cosa fa il governo per il fondo esuberi delle banche”). Da notare però che l’integrazione riguarda tutte le imprese “coinvolte in processi di ristrutturazioni rientranti nei settori destinatari dei fondi di solidarietà” e comunque le risorse non sarebbero sufficienti. Talvolta poi concorrono alla riduzione del costo del lavoro anche i dipendenti in servizio, perlopiù tramite giornate di solidarietà. Si arriva così, spiega il segretario generale di First Cisl, Giulio Romani, a una “spirale negativa che finisce da un lato col diminuire il servizio alla clientela e dall’altro col peggiorare la qualità della vita lavorativa”. Il sindacato del credito propone dunque una ricetta: investire i soldi spesi per gli esuberi “in formazione e specializzazione del personale nei servizi di consulenza ad alto valore aggiunto, di cui famiglie e imprese hanno bisogno”.

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