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Inps e Ape, cosa penso delle staffilate di Tito Boeri

Gabriella Di Michele e Tito Boeri

Ce ne eravamo quasi dimenticati. E ci domandavamo se, per caso, andandosene, Matteo Renzi avesse portato con sé anche Tito Boeri. Invece no. Eccolo ricomparire, gagliardo e sicuro come sempre, ad una iniziativa sulle pensioni del più importante quotidiano economico italiano. E, come ha fatto in altre occasioni quando il governo non ha seguito le sue indicazioni, ha criticato le misure contenute nella legge di stabilità 2017, talune di esse in maniera più severa di altre. A chi scrive non interessano i risvolti istituzionali della vicenda. E’ un problema del conte Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio, e del ministro Giuliano Poletti giudicare la linea di condotta del presidente dell’Inps. Per quanto riguarda il merito potremmo persino concordare con Boeri. Abbiamo più volte approfittato della cortese ospitalità di Formiche.net per sostenere, fin dall’accordo intervenuto con le organizzazioni sindacali, che, in materia di pensioni, il governo ‘’gettava soldi dall’elicottero’’ per inseguire una priorità (la condizione degli anziani) che è tale solo nei talk show. Soprattutto Tito Boeri ha ragione nel denunciare i limiti della c.d. quattordicesima (che a suo tempo fu un fiore all’occhiello dell’ex ministro Cesare Damiano).

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E’ pure lodevole la scelta di smettere di sprecare risorse a casaccio con la c.d. busta arancione, con la pretesa di indovinare non la pensione, ma addirittura la vita di un giovane d’oggi (visto che la prima dipenderà dalla seconda), per concentrarsi invece su quanti, avendone i requisiti, potrebbero aderire all’Ape volontaria. O comunque su coloro che sono prossimi alla quiescenza.

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Ma nel complesso la levata di scudi del presidente Boeri non convince. Il nostro non è uno che negli ultimi tre anni ha compiuto il giro dei sette mari su di una barca a vela, solitario ed isolato dal mondo. E che arriva tra noi e scopre che, nel frattempo, il governo ha compiuto delle scelte sbagliate. Boeri appartiene alla folta schiera – in un ruolo di autorevole capofila – di coloro che hanno contribuito ad alimentare la panacea della flessibilità del pensionamento, a sottolineare l’esigenza di provvedimenti di natura assistenziale a tutela del reddito di quanti perdono il lavoro a partire da 55 anni di età. In fondo, il governo – magari con un occhio (distratto) al voto del 4 dicembre – si è barcamenato (con l’Ape, i precoci, la ricongiunzione gratuita e quant’altro) per dare una risposta alle esigenze sollevate dalla canea flessibilista-pauperista. Contro ovviamente la “rigidità’’ della riforma Fornero (ma si applica a qualcuno questa legge, viste le deroghe a cui è stata sottoposta fin dalla sue entrata in vigore?).

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Per chi se ne fosse dimenticato ricordiamo le valutazioni fatte a suo tempo dall’Ufficio parlamentare di bilancio sulle proposte avanzate dai fautori della flessibilità in uscita, Cesare Damiano e Tito Boeri: “Lo scenario “Damiano” genererebbe una maggiore spesa di oltre 3 miliardi di euro nel 2017 e di poco più di 6 miliardi nel 2018, nel 2019 e nel 2020, poi gradualmente crescente tra il 2020 e il 2024 a raggiungere la soglia di 8 miliardi di euro. Nello scenario “Boeri” la maggior spesa ammonterebbe a 650 milioni di euro nel 2017 e a poco meno di 1,5 miliardi nel 2018, per poi seguire un trend crescente sino a toccare i 2,8 miliardi nel 2024’’.

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