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Rifiuti, imballaggi, Conai. Dibattito alla Luiss

conai, Roberto De Santis

La concorrenza e la tutela ambientale non sempre convergono. Soprattutto nel campo della gestione dei rifiuti di imballaggio. È di fondamentale importanza, quindi, il bilanciamento di entrambi, perché diventino non l’uno ostacolo dell’altro ma, al contrario, reciproci strumenti di crescita e progresso.

Si è parlato soprattutto di questo durante la presentazione, tenutasi il 26 gennaio presso la Luiss, della ricerca “La gestione dei rifiuti di imballaggio in Italia: profili e criticità concorrenziali”, promossa da Conai (Consorzio nazionale imballaggi) e realizzata dalla Luiss.

Molteplici gli aspetti analizzati durante l’incontro, sia da un punto di vista giuridico che economico. Ad intervenire, il prorettore alla didattica della Luiss Roberto Pessi; il presidente del Conai Roberto De Santis; gli autori della ricerca Gustavo Olivieri, Professore di Economia politica presso la Luiss e Michele Grillo, Professore di Economia politica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della Concorrenza e del mercato; Raffaele Bifulco, vice capo di Gabinetto del ministero dell’Ambiente, e Claudio Andrea Gemme, presidente del gruppo tecnico Industria e ambiente di Confindustria.

“L’attuazione della normativa europea, non seguendo un modello unico, ha generato differenti evoluzioni in ogni Paese; nel caso italiano con la legge Ronchi prima e con il Testo unico ambientale poi – ha spiegato Olivieri – sviluppando, com’è noto, una soluzione di tipo consortile a impronta auto-gestionale”. Tale sistema avrebbe generato, però, come si legge nella ricerca, alcune criticità con riferimento alle responsabilità sia delle imprese che degli Stati. Le prime, con “comportamenti violatori, come abusi di posizione dominante o intese concorrenziali, con potenziali effetti di spill-over nel mercato di settore”; “lo Stato con misure che limitano, in modi più o meno incisivi, alcuni sistemi di libero gioco per soddisfare le esigenze di carattere ambientale”. Le criticità comunicate da Olivieri sono tre: “Scarsa concorrenzialità del mercato nazionale nei servizi di compliance all’EPR (principio della responsabilità estesa del produttore, uno dei pilastri su cui si basa la legislazione europea, insieme al principio “chi inquina paga” ndr) a causa di una mancanza effettiva tra sistemi consortili e sistemi autonomi; scelte gestionali del sistema consortile per il meccanismo di finanziamento tramite il Cac (Contributo ambientale Conai) non rispondente al principio EPR; determinazione dell’ambito di operatività dell’EPR su superficie pubblica”.

Il modello italiano, però, basato sulla centralità del sistema consortile in funzione sussidiaria rispetto ad altri operatori è, come ha spiegato Grillo, “giustificabile per la garanzia della prestazione universale del servizio, sancito come servizio di interesse pubblico generale anche dalla Corte di Giustizia”. Il professore si è poi concentrato sulle possibili soluzioni: “L’introduzione di ulteriori misure di concorrenza all’interno di un mercato come quello della gestione dei rifiuti di imballaggio deve necessariamente tenere conto di alcune peculiarità tipiche del contesto, come l’interesse pubblico delle Amministrazioni a non lasciare frazioni di rifiuti non raccolte per strada”.

Il presidente dell’Antitrust, Pitruzzella, introducendo l’indagine conoscitiva realizzata dall’authority sul settore rifiuti – e sul Conai in maniera marginale – ha riconosciuto, in una valutazione eterogenea del comparto italiano, una “comprovata efficienza del libero mercato”, pur dichiarando la necessità, in casi specifici, di “interventi pubblici”. Tra le prime urgenze, secondo il presidente dell’Antitrust, vi è la revisione del Cac: “Il principio è che il produttore deve essere responsabile – ha spiegato – e il Cac uguale per tutti non risponde a quel principio. Quindi bisogna riflettere meglio sul Cac e sui meccanismi di differenziazione”. Secondo Pitruzzella, il Cac non risponderebbe al principio EPR e “non esplicitando i costi del singolo in termini ambientali” non promuoverebbe comportamenti virtuosi. Il presidente dell’Antitrust si è inoltre soffermato sulle necessità di ridurre il divario già vigente in molteplici settori fra nord e sud: “Il settore dei rifiuti è legatissimo all’Italia a due velocità e all’inefficienza degli enti locali” ha concluso.

Sull’Italia a due velocità è intervenuto anche il vice capo di Gabinetto del ministero dell’Ambiente, Bifulco. “Un nord che conferma il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata e un sud e una parte del centro che restano legati a modelli organizzativi desueti” ha commentato. “È un problema legato non solo al sistema specifico di raccolta dei rifiuti – ha continuato – ma a uno più ampio che riguarda la governance del territorio”.

Secondo Claudio Andrea Gemme, presidente del gruppo tecnico Industria e ambiente di Confindustria, che ha definito “il sistema italiano all’avanguardia”, fra le problematiche da affrontare vi è anche quella della provenienza degli imballaggi. Sempre più spesso, infatti, essi “provengono dall’estero, come Cina o Taiwan, e spesso non sono giusti o corretti per le normative che noi richiediamo”. Inoltre, questo finisce per incidere notevolmente sui costi delle imprese e, in particolar modo, delle Pmi. “L’industria deve essere messa in condizione di operare in modo corretto, deve avere consapevolezza del proprio ruolo in un contesto favorevole” ha auspicato. Secondo il presidente, però, la scommessa fatta vent’anni fa (nel 1997 veniva emanato il decreto Ronchi in attuazione delle direttive europee 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Cee sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio ndr), lasciando la gestione dei rifiuti da imballaggio ai privati e solo il controllo e la supervisione agli attori pubblici “è stata vinta”.

Secondo Bifulco, la direttrice su cui muoversi è quella di un “ripensamento del settore dal punto di vista normativo” per evitare “le errate interpretazioni della disciplina”. Questa revisione potrebbe poi avvenire, secondo Bifulco, o attraverso un “intervento correttivo minimo”, oppure tramite un “intervento più radicale che coinvolga una piena e coerente attuazione della normativa comunitaria; una riduzione della distorsione della concorrenza; un’affermazione dei principi comunitari di prevenzione e precauzione; un’applicazione reale del principio “chi inquina paga” per stimolare investimenti sulla ricerca; una riduzione degli impatti negativi derivanti da progettazione, una costruzione e distribuzione di prodotti e materiali; un contenimento dei costi e degli oneri amministrativi a carico degli utenti finali; un conseguimento di maggiore efficienza e tempestività e infine, un rafforzamento dei poteri dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)”.

Della stessa opinione il presidente Conai, Roberto De Santis, secondo il quale, in caso di revisione della normativa risulterebbe necessario un intervento organico “evitando interventi legislativi parziali che potrebbero mettere a repentaglio gli importanti risultati di riciclo conseguiti”.

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