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Massimo D’Alema e la seconda legge della termodinamica

Con tutto il rispetto per il presidente Mattarella, il presidente Grasso, il presidente Berlusconi e tutti quelli che i sistemi elettorali di Camera e Senato devono essere omogeneizzati (come i frullati Plasmon), la tesi non sta in piedi. Dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum (immediatamente applicabile, hanno ribadito i giudici costituzionali), i due metodi di scrutinio proporzionali sono del tutto omogenei (non possono essere identici, né lo sono mai stati, sia per il diverso campo di applicazione territoriale sia per la diversa platea dei votanti). Inoltre, la mia non sarà una ragione politicamente alta, ma non vedo l’ora che si vada a votare per “vedere di nascosto l’effetto che fa” a coloro che ieri volevano un Parlamento “specchio reale del Paese”, e che oggi temono la sua ingovernabilità (matte risate, come quelle che ci faceva fare la canzone capolavoro di Enzo Jannacci durante la Prima Repubblica).

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Enunciata in termini generalissimi, la seconda legge della termodinamica afferma che il cosmo tende verso uno stato di caos totale. La misura del suo aumento implacabile è data da una grandezza che i fisici chiamano entropia. In parole semplici, può essere descritta come il grado di disordine di un sistema. Sono ore in cui quello del “sistema della sinistra antirenziana” vede una brusca accelerazione. Mentre esplodono i fuochi d’artificio nei suoi mille frammenti alla ricerca dell’isola che non c’è (una proposta politica comune, un programma comune, una sintesi organizzativa comune), Roberto Speranza rilancia la sua epica battaglia contro i capilista bloccati (nonostante per la Consulta siano legittimi), e Massimo D’Alema minaccia il “tana libera tutti” se non si farà il congresso del Pd.

Fatta eccezione per il terremoto, i casi di meningite e l’influenza di mia nonna, per il presidente di ItalianiEuropei Matteo Renzi è il responsabile di tutte le disgrazie che affliggono l’Italia: bassa crescita, disoccupazione giovanile, aumento della povertà e del precariato, sperpero di risorse pubbliche a favore delle imprese, salvataggio delle banche sulle spalle dei cittadini, collusione incestuosa con i poteri forti, rottura sentimentale con gli elettori di sinistra, isolamento sociale del Pd, e tante altre nequizie ancora. Bisogna decisamente cambiare rotta, sostiene l’ex leader maximo. Come? Ma è ovvio. Anzitutto (l’assioma) liberandosi una volta per tutte del guascone di Rignano, poi (il teorema) “Anziché deprecare il populismo di Lega e M5s cercando di delegittimare i nostri competitori politici, dovremmo cercare di metterci in sintonia con il popolo”. Insomma, se ieri la Lega c’entrava “moltissimo con la sinistra, è una nostra costola” (intervista al Manifesto, 31 ottobre 1995), oggi le costole sono addirittura due. Del resto, la Appendino non è forse “considerata il miglior sindaco d’Italia”?

È proprio vero, come diceva Gramsci, che la storia è maestra di vita, ma ha sempre avuto pessimi allievi. E talvolta questi allievi, nell’ansia di dimostrare che hanno studiato, non esitano a raccontare qualche frottola. Infatti, è falso – come ha affermato D’Alema in un’intervista al Corriere della Sera (19 gennaio)- che al referendum del 1985 sulla scala mobile “il Pci da solo conquistò il 45,7 di Sì”. Perché era in compagnia di Democrazia proletaria, del Msi e del Partito sardo d’azione. Sostenere, inoltre, che la “sua” proposta di legge (riduzione dei parlamentari e abolizione della navetta tra Montecitorio e Palazzo Madama da fare in sei mesi) è ferma al Senato in quanto il Pd non ha ancora scelto il nuovo presidente della Commissione Affari costituzionali (se non è un altro complotto di Renzi, poco ci manca), è una ridicola fandonia. Theodor W. Adorno sosteneva che “le bugie hanno le gambe lunghe: si può dire che precorranno i tempi”. Quelle di D’Alema li seguono.

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