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Vi racconto il pasticciaccio di Casaleggio e Grillo a Strasburgo

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Quel pasticcio all’italiana naufraga a Strasburgo. Dopo il matrimonio europeo che s’era consumato a sorpresa col gruppo di Nigel Farage, il principale artefice della Brexit, e l’altrettanto sorprendente addio di queste ore al medesimo contraente, Beppe Grillo adesso si trova nella condizione politica del sedotto e abbandonato. Con una mossa il cui senso continua a sfuggire ai più, il leader dei Cinque Stelle aveva deciso di far passare le sue truppe da Farage, dove si trovavano accampate, al gruppo liberale Alde, che è il terzo più grande nell’Europarlamento. Confortato dal voto del suo blog, tale scelta risultava incomprensibile a una parte dei suoi stessi e spiazzati simpatizzanti. Come fa un movimento che contesta quest’Europa a finire proprio coi politici che quest’Europa difendono? Ma tant’è: se Beppe così aveva fiutato, così sia. Il cortocircuito fra euroscettici ed europeisti sembrava superato in nome della ragion di Grillo.
Invece a chiudere la porta sono stati coloro che avrebbero dovuto aprirla. “Non ci sono sufficienti garanzie per portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa”, ha spiegato il capogruppo liberale Guy Verhofstad. “L’establishment ha deciso di fermarci”, è stata la reazione pepata dei Cinque Stelle, che puntavano all’inedita alleanza per “rendere più efficace il programma”. Ma che oggi si trovano in mezzo al guado. Posto che Farage e lo stesso Grillo difficilmente faranno un matrimonio riparatore di gran corsa.
In Europa, si sa, gli eletti espressi dai vari Stati hanno bisogno di associarsi in gruppo tra loro per poter esercitare al meglio l’attività politica. Ma popolari e socialisti fanno la parte del leone. Molte e singolari “intese tecniche” sono state perciò inventate, nel tempo, per evitare il rischio di finire fra i “non iscritti” del gruppo misto, che contano come il due di picche. Tuttavia, a quest’astuzia ricorrono le formazioni piccole o estreme. Con ogni evidenza i Cinque Stelle recitano una parte ben diversa, governando importanti città in Italia, a cominciare da Roma, e candidandosi alla guida del Paese.
Da qui nasce la necessità di trovare una finestra importane da spalancare in Europa. Ma questa nuova consapevolezza politica impone a Grillo non soltanto un chiaro programma di governo, ma anche una coerenza nelle alleanze. E un autogol del genere non è contemplato, quando si aspira a Palazzo Chigi.

(Articolo pubblicat ieri su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)

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