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Gli slogan dei sovranisti e gli errori dell’Europa

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Coloro che stanno spingendo milioni di cittadini europei verso il pauroso ignoto, facendo molto peggio degli stessi esponenti politici dei paesi europei, a capo dei governi nazionali e dell’Unione europea dovrebbero avere più senso di responsabilità, abbandonando le forme apocalittiche di pubblicità ingannevole, utili solo a creare panico e a illudere le nostre comunità. Il grido “fuori dall’Ue, fuori dall’Euro” è solo uno slogan qualunquista, che appartiene ormai a tutti coloro, che insoddisfatti delle politiche dell’Europa Unita immaginano di trovare il nuovo eden in politiche sovraniste, identitarie e nazionaliste. Non vi è sincerità culturale, né onestà politica.

Meraviglia che al momento opportuno non siano state avanzate proposte alternative di governo, visto che ritornare agli angusti confini degli stati nazionali, a detta degli oppositori che guidano la contestazione contro l’Ue, si entra nel paradiso terrestre. L’Europa di Bruxelles, è vero, non si è fatta apprezzare dai cittadini dell’Unione, perché ha mostrato sempre scarso e residuale interesse per le politiche di giustizia sociale ed economica e per avere tralasciato i nobili valori della democrazia partecipata, ma da qui a dire: fuori dall’Ue e/o dall’Euro ne passa. Si possono pure spezzare le catene e uscire fuori dalla caverna della Ue, ma poi? Quali sono le politiche miracolose che esponenti politici ed esperti economici di stampo sovranista intendono attuare, affinché lo status socio-economico di chi sta peggio migliori seguendo le originali ricette? Non è dato sapere. Non è possibile tornare indietro, passando dalla globalizzazione alla localizzazione.

Teresa May premier della Gran Bretagna ha già dichiarato che il proprio paese non potrà certo fare a meno dei tanti lavoratori non inglesi, essenziali per mandare avanti il sistema produttivo dell’Uk, nonostante una prima sommaria intesa con Trump, che nella recente visita alla casa Bianca ha apprezzato l’uscita della Gran Bretagna dal sistema dell’Ue. Ecco, appunto sarebbe il caso che l’Europa smettesse di essere troppo Unione e ritornasse ad essere più Comunità, così come la disegnarono in origine i padri fondatori, soprattutto cattolici, che speravano in un’Europa costruita intorno alla persona umana coi suoi valori e principi antichi, vivificati da quel sentimento chiamato solidarietà. Erano fuori dal loro orizzonte derive verso generici populismi o qualunquismi, né credevano che un perverso triangolo capitale, scienza, tecnica potesse soppiantare la fede antica del Vecchio Continente (l’uomo persona al centro).

L’idea della “casa comune” negli ultimi decenni è venuta meno, trasformandosi in una cabina di comando per pochi privilegiati, che sfornano regole, regolette, norme, talvolta cervellotiche e incomprensibili, lontane anni luce dalla vita reale della gente e che rendono in tal modo l’Ue invisa, ostile, odiosa. L’Europa deve tornare ad avere un’anima perché la sua crisi è di natura morale, non può continuare ad essere un coacervo di burocrazie che sta lì a sanzionare, a censurare su numeretti, parametri, decimali. Il Vecchio Continente per recuperare autorevolezza e prestigio deve essere sentita dai cittadini come patria vera, da rispettare e da sentire propria e non come l’insieme di sterili ed esasperanti norme o regole, suggerito da lobbies e oligarchie.

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