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The Banker del Financial Times premia la cooperazione bancaria

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La rivista The Banker del Financial Times Group – distribuita in 180 paesi, con una banca dati di circa 4.000 profili per valutare capacità finanziaria, redditività e prestazioni – ha assegnato, per il 2016, il premio “Banca dell’anno” a due realtà del mondo della cooperazione bancaria europea: il gruppo finlandese OP Financial e quello francese BPCE.

Il primo ha registrato, nel 2016, una forte crescita con incrementi di utile netto, captale Tier 1 e attività rispettivamente del 40, 27 e 13%. Il suo modello di “bancassicurazione” integrato ha visto il numero di clienti aumentare del 4% anno su anno fino a 1,67 milioni della prima metà del 2016, e ciò grazie anche al miglioramento dell’accessibilità attraverso orari prolungati e un’offerta in continua espansione e modernizzazione dei servizi digitali. Il secondo, il gruppo francese, si è segnalato, oltre che per la capacità di recupero di utile netto in crescita del 11,6%, per la strategia messa in atto relativamente alla sfida innovativa proseguendo nella politica di acquisizioni selettive con Fidor, banca digitale al 100%, e PJ Solomon, specializzata in fusioni e acquisizioni. Nel 2016 è stato il primo gruppo bancario nella zona euro ad offrire servizi di pagamento tramite smartphone Apple con le sue due reti bancarie al dettaglio, Banque Populaire e Caisse d’Epargne.

In Europa, dunque, la Cooperazione bancaria, come conferma l’attribuzione di questo prestigioso premio, è ancora, oggi più di prima, un modello primario di efficienza e di riferimento per il corretto esercizio della funzione creditizia e monetaria a favore di famiglie, privati e imprese, cuore dell’economia reale. Un modello riconosciuto, una conferma che le banche cooperative continuano a esistere, a registrare ottimi risultati, a essere difese, salvaguardate e valorizzate in tutto il mondo, anche e soprattutto come conseguenza della crisi mondiale seguita al fallimento della Lehman.

E in Italia? Le banche popolari italiane e più in generale la cooperazione bancaria, grazie all’invidiabile posizione di mercato acquisita e allo stato di salute di cui godono, sono molto appetibili e dunque contendibili. Per questo, molto probabilmente, come del resto sta accadendo per il resto del patrimonio industriale e finanziario italiano, è in corso un’operazione di spoliazione da parte del resto d’Europa che non risparmia il sistema bancario. Solo così, e alla luce della debolezza dell’Italia in Europa, è possibile spiegare la mancanza di difesa di quella parte del sistema bancario che più è necessario per finanziarie le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, e di conseguenza, per favorire la ripresa economica.

Oggi, però, dopo gli attacchi sconsiderati degli ultimi due anni, grazie anche ad un intervento della Giustizia amministrativa e a un clima che nel Paese sta, forse, finalmente cambiando, la questione si riapre completamente. Cominciano a farsi visibili le condizioni perché venga ridata la giusta dignità alla funzione essenziale del modello del credito cooperativo delle banche popolari e territoriali e al ruolo insostituibile che le stesse svolgono a favore delle economie delle zone di appartenenza salvaguardando la concorrenza da ogni tentativo sempre dietro l’angolo di oligopolio e di bonapartismo economico. Come del resto avviene in tutto il mondo dove l’altro modello, quello della banca globale, così universalmente esaltato e sponsorizzato nel momento del massimo dispiegamento della globalizzazione e del neoliberismo degli anni ’80 e ’90 è considerato, altrettanto universalmente, già morto e sepolto come di recente ha scritto autorevolmente anche il Financial Times.

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