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Cosa c’è dietro la copertina di Der Spiegel su Donald Trump

Si chiama Edel Rodríguez l’autore della copertina dell’ultimo numero del settimanale tedesco Der Spiegel che ha scatenato numerose polemiche. Un’immagine del nuovo presidente americano, Donald Trump, che tiene in una mano la testa della Statua della Libertà e nell’altra un coltello insanguinato. Nella versione originale, Trump indossava una tunica nera, come i jihadisti islamici, ma nella versione che è andata in stampa hanno preferito lasciarlo in giacca e cravatta. “È la decapitazione della democrazia, la decapitazione di un simbolo sacro”, ha spiegato Rodríguez al quotidiano Washington Post.

LA RICHIESTA

L’idea, però, non è stata sua. Quando gli è stata commissionata una copertina su Trump, lui aveva altre idee, meno provocatorie: l’aquila simbolo degli Stati Uniti con frecce ai piedi e la testa bionda di Trump. O una piccola Casa Bianca schiacciata dalla testa del nuovo presidente.

“Questo è un Paese di immigrati. Si tratta di un concetto molto importante per me e Trump vuole svilirlo […] Lo scompiglio che ha provocato la copertina mi fa pensare che le persone non abbiano la capacità di capire il potere comunicativo delle immagini. Questo disegno è un concetto. La Statua non è una persona. Non ha sangue, è fatta di ferro. È un’idea, bisogna capire l’arte”, ha spiegato Rodríguez alla Bbc.

LE CRITICHE

Il Der Spiegel ha ricevuto molte critiche, sia da chi vede nella copertina una mancanza di rispetto per i famigliari delle vittime dello Stato islamico, sia da chi lo considera un elemento che aumenta le tensioni e gli scontri dopo la vittoria di Trump. Per Klaus Brinkbäumer, editor del settimanale, si tratta semplicemente di un modo “di difendere la democrazia in tempi difficili”.

Alla Bbc, Rodríguez ha raccontato che i commenti più feroci contro la copertina su Trump sono arrivati, paradossalmente, dai dissidenti cubani che vivono a Miami. “Dicono che sono comunista e che avrei dovuto morire affogato in mare […] Vedere famiglie divise a causa delle politiche di Trump mi addolora. Ricordo quando ero piccolo e Fidel Castro aveva diviso i cubani. Nella mia testa quello poteva succedere a Cuba, non in America. Invece sta succedendo”.

I VOLTI DI TRUMP

Cubano arrivato negli Stati Uniti nel 1980, a bordo di una piccola barca, l’artista quarantacinquenne è un rifugiato politico. Ha fatto diverse copertine per il Der Spiegel. A novembre ha disegnato Trump con la bocca aperta, come un meteoritico impazzito, pronto a schiantarsi contro il pianeta Terra. Su Facebook, poi, ha pubblicato un disegno, intitolato “Terrorismo domestico”, con l’immagine di Trump che lancia una granata piena di penne (per firmare provvedimenti). In un altro disegno appare Trump con il cappuccio del Ku Klux Klan.

IL SOGNO DI DEMOCRAZIA

Nel suo Paese di origine, Cuba, Rodríguez è molto seguito, nonostante sia un dissidente politico. La Casa de las Américas, istituzione governativa per la diffusione culturale, ha esposto i suoi disegni nel 2014 e nel 2015. Tra i riferimenti artistici di Rodríguez ci sono Pablo Picasso, Henri Matisse, Joan Miró e il disegnatore George Lois. “Il mio sogno è potere illustrare, un giorno, l’arrivo della democrazia a Cuba, con un’immagine di José Martí, uomo onesto, simbolo del mio Paese”, ha dichiarato.

ALTRE COPERTINE

Quella di Der Spiegel non è la prima copertina contro il presidente Trump ad aver provocato scompiglio. Il settimanale americano The New Yorker ha pubblicato, a febbraio, un’immagine con la torcia fumante della Statua della libertà e la fiamma spenta. L’illustratore, John W. Tomac, l’ha chiamata “l’anti-fiamma della libertà”. “La Statua della Libertà e la torcia erano simbolo di benvenuto per i nuovi migranti. E allo stesso tempo il simbolo dei valori americani. Oggi stiamo spegnendo quella luce”.

A ottobre, il Time ha pubblicato un altro disegno di Rodríguez su Trump: la testa del magnate si scioglieva sotto la scritta “Total Meltdown”.

L’Economist ha pubblicato un ritratto di Trump, che lancia una molotov, intitolato : “Un insorgente alla Casa Bianca”. “In politica, il caos di solito porta al fallimento – spiega un editoriale –. Promesse che sembravano iperboli durante la campagna oggi stanno diventando realtà, scuotendo le basi di Washington e del mondo”.

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