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Ecco come in Spagna si ironizza sulla comune parabola di Matteo Renzi e Pedro Sánchez

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Pensare che meno di tre anni fa, a settembre del 2014, l’ex segretario del Partito Socialista Operaio della Spagna, Pedro Sánchez, e l’ex premier Matteo Renzi, erano visti come la speranza della sinistra europea. Ora Sánchez è orfano all’interno del proprio partito: ha dovuto lasciare la guida, costretto dai suoi colleghi, durante la crisi di governo dell’ultimo anno in Spagna. Renzi, dopo le dimissioni a dicembre, deve fare i conti con le divisioni nel Pd.

IL PASSATO DELLA SPERANZA

“Sorridenti e affabili nel palco della Festa dell’Unità di Bologna, Matteo Renzi, Manuel Valls e Pedro Sanchez sembrano aver restituito slancio al mondo democratico e socialista del Vecchio continente – scriveva Edoardo Petti a settembre del 2014 su Formiche.net – . Al punto di conferire all’abbinamento di camicia bianca e pantaloni la valenza politica di un messaggio vincente”.

LA (NON) ROTTAMAZIONE

In un’intervista per Formiche.net, Sergio Soave, firma del Foglio, di Avvenire e di Italia Oggi, sosteneva che “Sanchez è il frutto dell’accordo tra i baroni del Partito socialista operaio spagnolo. Presenta un bell’aspetto, ma al contrario del leader del Pd non si è imposto proponendo la rottamazione dell’apparato. È stato messo lì da coloro che dovrebbero essere azzerati politicamente. Figure legate a continui scandali come la gestione della cassa integrazione finalizzata a finanziare politici e sindacati”.

CRITICHE DALLA SPAGNA

Sono stati messi a confronto quando erano promotori della trasformazione della sinistra in Italia e Spagna (qui l’articolo di Formiche.net) e lo sono anche oggi, da un’altra prospettiva. Il quotidiano spagnolo Abc ha pubblicato ieri un lungo articolo, molto critico, sulle similitudini e differenze tra Matteo Renzi e Pedro Sánchez. “Il personalismo e l’ambizione senza limiti divide e indebolisce i loro partiti e danneggia i propri Paesi”, ha scritto il corrispondente a Roma, Ángel Gómez Fuentes.

CRISI E DIVISIONI

“Cambieremo l’Europa insieme”, era il video-messaggio di Matteo Renzi, 42 anni, inviato a Pedro Sánchez, 44 anni, all’inizio della campagna elettorale per le elezioni generali in Spagna. “Sánchez e Renzi hanno dimostrato che non sono stati all’altezza della Storia – continua Gómez Fuentes –. Oggi il socialismo spagnolo è in crisi e diviso per colpa di Sánchez, mentre il Partito democratico, il partito più grande della famiglia socialista europea, si è diviso per l’irresponsabilità dei suoi dirigenti, in particolare di Matteo Renzi; una divisione che non capiscono milioni di elettori del centro sinistra”.

FRENETICA CORSA DI POTERE

Sul riferimento al film “Gioventù bruciata” con James Dean che ha fatto Gianni Cuperlo alla direttiva del Pd, nell’articolo dell’Abc si legge che “è un’evocazione drammaticamente perfetta delle personalità di Renzi e Sánchez: nessuno dei due è stato capace di fermare in tempo una frenetica corsa e non hanno voluto buttarsi fuori dalle macchine, portando i propri partiti al disastro della divisione e la perdita di credibilità e influenza”.

POLITICI PROFESSIONISTI

Gómez Fuentes sostiene che Renzi e Sánchez sono due politici professionisti, “che si sono guadagnati da vivere esclusivamente con la politica”. Ricorda che nel caso dell’ex leader del Psoe ha nel curriculum una parentesi “abbastanza irrilevante su un breve periodo di professore associato in un’università privata”. Ma le origini politiche dei due sono molto diverse: Sánchez è puramente socialista, mentre Renzi arriva dalla famiglia democristiana. “Tanto Renzi come Sánchez hanno suscitato speranze nei propri partiti con le promesse di riformismo. Dopo hanno deluso facendo un’infinità di errori che hanno portato ad eclatanti sconfitte elettorali”. La più clamorosa per Renzi è stata la disfatta del referendum costituzionale di dicembre, mentre Sánchez ha perso sei elezioni in due anni, tra elezioni generali e amministrative. “Hanno dimostrato che tutto era vanità e ambizione”, scrive il corrispondente a Roma.

AMBIZIONI E RETORICA VUOTA

“Entrambi hanno un’ambizione senza limiti – si legge su Abc –, rischiando oltre ogni logica, come due giocatori fiduciosi della loro fortuna”. Ma oltre l’ambizione, Renzi e Sánchez hanno in comune la fretta: “Non sanno aspettare il loro turno o una migliore opportunità. Hanno urgenza di arrivare al potere. Per riuscirci Sánchez farebbe un patto con il diavolo”.

Tra gli errori sottolineati nell’articolo ci sono la “retorica vuota” di Renzi e l’uso di un linguaggio “leggero e aneddotico che ha diminuito la statura politica”. “L’ex sindaco di Firenze è un toscano molto arrogante, che ha un sarcasmo e un’ironia di cui manca il leader del Psoe. […] Come ha detto Felipe González: Dubito che possa parlare più di mezz’ora sulla Spagna”.

IL TRIONFO DELLA MEDIOCRITÀ

L’ex presidente del Consiglio italiano, secondo Gómez Fuentes, “si è circondato nel suo governo e nel partito da politici di scarso rilievo. I suoi collaboratori, di poco peso politico e professionale, hanno formato un circolo chiuso, senza dialogare con chi aveva un pensiero diverso”. “Ha predominato la mediocrità – continua l’articolo –. E lo stesso si può dire di Sánchez. Nessuno dei due ha avuto collaboratori con meriti professionali che potevano fargli ombra o confrontarli con uno spirito critico più vicino alla realtà”.

Tra poco ci saranno i congressi del Pd e del Psoe. Le lotte interne e di personalismi hanno spaccato i partiti in più fazioni: “Renzi ha dimostrato di non essere uno statista – conclude l’articolo – ma vincerà perché non ha rivali di peso. Sánchez, campione di sconfitte, dovrà aspettare per vedere se vincerà le primarie del Psoe”. La terza promessa della sinistra europea in quella Festa dell’Unità a Bologna, il francese Manuel Valls, si gioca invece le ultime cartucce a maggio alle presidenziali.

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