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Dj Fabo e l’eutanasia. Il mio pensiero laico

dj fabo

Che sull’eutanasia (attiva e passiva) e sul suicidio assistito sia necessaria una discussione seria, priva di tifoserie ideologiche, non ho dubbi. Concordo, quindi, con quanto ha sostenuto Corrado Ocone su queste colonne (Vi spiego i miei dubbi (liberali) sul suicidio assistito di Dj Fabo). Concordo con lui, inoltre, quando afferma che lo Stato deve fare un passo indietro sulle questioni etiche. Gli interventi pubblici (misure legislative, amministrative, giudiziarie) devono dirimere conflitti dove si delineano comportamenti incompatibili, ossia nei casi nei quali una condotta ne pregiudichi un’altra, ma non devono impedire comportamenti compatibili semplicemente perché “vengono giudicati in modi contrastanti: si deve imporre a tutti di circolare tenendo la sinistra o la destra, per evitare scontri, ma non si devono imporre a tutti i medesimi comportamenti sessuali, che possono essere oggetto di giudizi morali opposti” (Carlo Augusto Viano, Laici in ginocchio, Laterza, 2008).

Lo stesso vale per la questione del fine vita. Non so se Ocone sarà d’accordo, ma qui non si tratta di garantire il diritto di morire; si tratta di abolire il dovere di vivere a tutti i costi (magari ricorrendo a quelle tecnologie biomediche il cui uso si vuole invece vietare nell’inizio vita). Il principio di tolleranza può essere legittimamente limitato dal potere se, e solo se, il suo esercizio arreca un danno ad altri. Poiché sono molto affezionato a questa vecchia idea di John Stuart Mill, la mia posizione etica mi porta a consentire col Catone dantesco che, troppo amando la libertà, “per lei vita rifiuta”. Mi porta (mi porterebbe), quindi, a rifiutare trattamenti sanitari obbligatori e vincolanti nel momento in cui il mio corpo fosse afflitto da un male senza speranza e che spegne per sempre intelligenza, sentimento e fantasia.

Chi si oppone al testamento biologico teme che i giudici possano surrettiziamente aprire le porte all’eutanasia. Ma nessuna norma potrà mai produrre una testimonianza più sincera ed efficace di quella che posso fornire io stesso se la mia scelta sul fine vita è dichiarata in piena lucidità, serenità e consapevolezza. È vero che il caso di Fabo è diverso dal caso di Piergiogio Welby. Ma tutti e due potevano farsi dare la morte senza tanto rumore: è stata la loro rivendicazione di cittadinanza che ha dato fastidio agli ambienti cattolici e politici più retrivi. In Italia, dove con un po’ di soldi e un peccato si rimedia a tutto, quasi nessuno osa invocare lo Stato etico, ma sono tutti pronti a offrire i suoi surrogati con carte dei valori e codici etici. Come “se in un paese nel quale mancano forme elementari di legalità ci si potesse aspettare che le persone facciano di nascosto ciò che non fanno neppure sotto gli occhi di un poliziotto” (C.A.Viano, op. cit.).

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