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La nuova stagione del welfare aziendale in Italia

Le aziende che favoriscono il benessere hanno lunga vita. Ecco perché è giusto, anche in piccole e medie realtà produttive, avviare piani welfare, tanto più se spinti da una normativa di favore.

Fino alla normativa introdotta con la L. di Stabilità 2016, che ha reso strutturale nel nostro ordinamento una misura per incentivare l’orientamento delle imprese verso un misurabile incremento della produttività, redditività e grado d’innovazione, le politiche di welfare aziendale sono sempre state il frutto di un orientamento lungimirante da parte di imprenditori illuminati. Uno su tutti, Adriano Olivetti, che già negli anni cinquanta fu precursore di un modello di azienda in grado di mettere al centro le esigenze e il benessere del dipendente, con conseguente aumento di produttività e profitto per tutta l’impresa.

La Finanziaria 2017 va oltre, favorendo gli investimenti in welfare privato: rispetto alla precedente normativa, infatti, viene ampliato il tetto massimo di reddito di lavoro dipendente per l’accesso alla tassazione agevolata (da 50.000 a 80.000 euro); così come gli importi dei premi erogabili, che passano da 2.000 a 3.000 euro.

Insomma, il settore del welfare privato è in fermento, ma perché il welfare conviene all’azienda?

In un momento di crisi economica, l’erogazione di servizi welfare è una forma salariale accessoria che permette alle imprese, soprattutto alle PMI, di risparmiare sui contributi.

In Italia le imprese con meno di 250 dipendenti rappresentano l’ossatura del sistema produttivo e occupano oltre l’80% della forza lavoro.

Dinamismo, flessibilità, creatività e stretto rapporto con il territorio sono caratteristiche tipiche delle PMI, che possono facilmente vivere da protagoniste la nuova era del welfare aziendale, grazie alle politiche d’incentivo agli investimenti nel settore, procurando, altresì, innovazione sociale all’interno delle comunità di riferimento. Mettere le persone al centro e massimizzare il benessere dei propri collaboratori può rappresentare, infatti, uno stimolo per la produttività dell’impresa e diventare un vero e proprio vantaggio competitivo.

In questo modo il welfare diventa lo strumento per conciliare le risorse limitate con le esigenze delle persone e per creare rapporti di lavoro più attrattivi e solidi, oltre il mero scambio economico.

Sebbene la normativa punti a sostenere questo nuova stagione di investimenti in politiche di welfare è altrettanto vero che diversi sono i vuoti normativi: uno su tutti, l’esclusione dei lavoratori autonomi dalle garanzie normative in materia di welfare aziendale. Anche in questo caso, si segnalano iniziative virtuose da parte di aziende italiane che hanno esteso, pur se non favorite dal punto di vista fiscale, i propri piani di welfare anche a collaboratori e consulenti a P.Iva.

Che sia ancora una volta il settore produttivo, con le sue best practices, a stimolare un intervento del legislatore in merito?

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