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I tristi palleggi sul cavalcavia

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Mi è crollato il mondo, pardon, il ponte addosso. Se la notizia non fosse drammatica per la povera coppia di marito e moglie uccisi e i tre operai feriti, il disastro avvenuto in piena autostrada nelle Marche dovrebbe ormai cambiare il nostro modo di dire. Perché non da ieri, quando l’improvviso e imprevisto crollo del cavalcavia all’altezza di Camerano (Ancona) ha travolto l’automobile della coppia che da lì transitava, schiacciandola, e ferito tre lavoratori romeni del cantiere all’opera, può accadere di morire sull’asfalto. Di morire, però, non per colpa di un incidente stradale.

Ad Emidio Diomede e Antonella Viviani, i sessantenni sepolti dentro la loro macchina per il cedimento della struttura che ha tagliato l’autostrada in due, è successo qualcosa di analogo al crollo di un altro ponte sotto il peso di un Tir, lo scorso ottobre, sulla Milano-Lecco. Anche allora provocando la morte dell’ignaro conducente dell’auto di passaggio, Claudio Bertini, e il ferimento di quattro persone. E anche allora risuonarono le polemiche di oggi: com’è possibile? Come può accadere di morire in autostrada perché un ponte ti crolla addosso?

Oggi come allora si rifanno le solite trite e tristi domande: possono lavori di semplice manutenzione trasformarsi in agguato mortale? Oppure il cedimento della struttura provvisoria è stato un “tragico incidente non prevedibile”, secondo le prime ricostruzioni dell’Anas?

E poi: controlli migliori l’avrebbero evitato? E perché non si è chiuso il tratto autostradale che scorreva in basso rispetto alla manutenzione che si faceva in alto? Interrogativi uno dopo l’altro, fino ad arrivare alla madre di tutte le assurdità: a chi mai dovrà rivolgersi la magistratura per avere spiegazioni certe, all’Anas o alla Provincia, agli ingegneri che progettano o alle istituzioni che amministrano, allo Stato che non vede e non prevede o agli enti sul territorio che non valutano e sottovalutano?

È il solito, insopportabile rebus delle responsabilità di tutti e di nessuno, frutto di un meccanismo pubblico-istituzionale dove neppure ben si sa se le Province siano state nel frattempo abolite oppure se esistano e resistano assieme a noi.

Ma già si sa che alla fine non paga nessuno. O meglio, a volte finisce per pagare solo l’operaio di turno, che magari faceva gli straordinari pur di non prolungare il fastidio (“lavori in corso”) agli automobilisti. Il ponte ti crolla addosso e si fatica, perfino, a scoprire il perché.

(Articolo tratto da www.federicoguiglia.com)

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