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Ecco come e perché i grilli di Bersani fanno discutere i bersaniani

Pier Luigi Bersani

Il simbolo divide. L’apertura di Pier Luigi Bersani al Movimento 5 Stelle pure. Così si può sintetizzare la kermesse andata in scena al Tempio di Adriano a Roma per la presentazione del simbolo di “Articolo 1 – Movimento dei democratici e progressisti”, il nuovo soggetto politico dei fuoriusciti dal Pd e dagli ex Sel. Il simbolo grafico si limita alla denominazione Articolo 1, in rosso su sfondo bianco. “A me piace, abbiamo voluto togliere di mezzo il terribile acronimo che già si era cominciato a usare: Mdp”, dice Peppino Caldarola. “Così si penserà solo all’articolo 1 della Costituzione: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, osserva Roberto Speranza.

E proprio a questo è dedicata la prima parte dell’appuntamento, iniziata con una commemorazione di Alfredo Reichlin, scomparso ieri, da parte di Massimo D’Alema. Abile e arruolata pure Anna Falcone, avvocatessa promotrice del comitato del No al Referendum costituzionale, protagonista di un lungo intervento dal palco proprio sul valore della Costituzione. Poi tocca a Roberto Speranza. “A un certo punto sono stato pervaso dal dubbio se rimandare o meno la presentazione, vista la scomparsa di Reichlin, poi mi sono ricordato le sue parole: la politica è storia in movimento. Ecco, noi siamo qui per non fermarci e guardare sempre avanti”, dice l’ex capogruppo del Pd. Secondo cui “dobbiamo ripartire dalle basi, per questo i concetti di democrazia e lavoro sono fondamentali per tornare a parlare al popolo della sinistra, che sembra non esserci più e invece è ancora lì”. Sul territorio, intanto, si lavora alacremente per essere pronti alle amministrative, dove il simbolo sarà presente quasi sempre alleato del Pd, e in alcuni casi da solo. “Stiamo cercando di tenere insieme due tensioni: quella che spinge a mettere in campo un partito tradizionale e quella più movimentista. Non vogliamo fare un piccolo Pd o una piccola Sel, siamo qualcosa di diverso”, spiega Davide Zoggia.

In platea, però, ci s’interroga sulle parole di Bersani pubblicate dal Corriere della Sera. Parole che l’ex segretario dem ribadisce a margine della manifestazione, dopo la presentazione del simbolo. “Io voglio essere alternativo alla destra e sfidante con i 5 Stelle, che considero una forza di centro. Almeno il 5% dei nostri ora vota per loro. Ecco, io non li considero avversari, ma possibili interlocutori futuri dopo le elezioni, per evitare il governo delle destre. Sì, sono pronto a sedermi ancora al tavolo per parlare con loro”, dice Bersani. E va avanti: “Li sfido a maturare, a decidere cosa fare da grandi: vogliono continuare a urlare alla luna o sono pronti a governare seriamente questo Paese? Ebbene, se vogliono governare, sappiano che non possono farlo da soli”.

I grillini, intanto, volano nei sondaggi, sopra il 30%. “Dopo i voti in Senato su Minzolini e Consip non mi sorprende affatto. Più si continua così, più prendono voti. Ma questo non mi preoccupa, perché fanno da argine alla destra. Se non vogliamo ritrovarci Berlusconi e Salvini a Palazzo Chigi (e ci andranno, perché se da una parte fanno finta di litigare, poi non c’è una città al voto dove non sono alleati) dobbiamo per forza tornare a dialogare con Grillo”, conclude Bersani. Su questo, però, gli altri ex-Pd ci vanno parecchio cauti. D’Alema alza gli occhi al cielo: “Meglio puntare sul fatto che il centrosinistra raggiunga il 51%”. “Dobbiamo costruire una coalizione larga, aperta, poi vedremo”, osserva il governatore toscano Enrico Rossi. “È prematuro parlare di alleanze”, taglia corto Speranza. Ma s’intuisce che nessuno di loro smania dalla voglia di intavolare una trattativa col Movimento 5 Stelle. Nessuno tranne Bersani, ovviamente. Che sarebbe pronto a un nuovo streaming, dopo quello fallimentare del post elezioni 2013. “Meglio che Bersani si chiarisca le idee, lo vedo piuttosto confuso”, lo pungola il piddino Lorenzo Guerini. “Aspetto che le idee me le chiarisca lui”, risponde Bersani. Che poi si rammarica per l’impasse sulla legge elettorale. “Se il Pd non avesse anticipato così tanto il congresso, la partita sul sistema di voto si poteva concludere prima. Invece siamo ancora a carissimo amico…”.

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