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Poste Italiane, tutte le sfide di Del Fante e Farina su polizze, sportelli e servizio universale

poste italiane

Risultati in forte crescita di fatturato e margini, traino del settore delle assicurazioni e del risparmio gestito e attesa flessione dei ricavi dei servizi postali e commerciali. È questa l’eredità di Poste italiane lasciata da Francesco Caio dopo l’azzeramento del vertice del gruppo postale e la nomina di Matteo Del Fante e di Bianca Maria Farina voluta dal governo. Ora il nuovo top management rimetterà mano al piano di razionalizzazione degli uffici postali voluto da Caio e alla politica dei dividendi?

IL PESO DELLE ASSICURAZIONI

Poste italiane ha archiviato il 2016 con ricavi che superano i 33 miliardi, in crescita rispetto al 2015 del 7,7%, un margine operativo oltre il miliardo (€ 1.041 milioni) in crescita del 18,3%. L’utile netto è cresciuto del 12,7% a 622 milioni di euro.
A fare da traino è stata soprattutto la positiva performance del comparto dei servizi assicurativi e del risparmio gestito, i cui ricavi risultano in aumento del 10,8% a 23,8 miliardi di euro, rispetto al precedente esercizio, crescita per 1,7 miliardi dovuta a maggiori premi lordi raccolti. Nello specifico, Poste Vita, con riserve tecniche pari a 113,5 miliardi euro ha realizzato una raccolta premi per circa 19,8 miliardi (nel 2015 18,1 miliardi). Il risultato operativo è stato pari a 636 milioni, in crescita del 24,7% rispetto all’esercizio 2015 (€ 510 milioni).

LE NOMINE

Sarà anche per questo che a prendere il posto che negli ultimi anni è stato di Luisa Todini sarà Bianca Maria Farina (qui il suo curriculum). La nuova presidente di Poste Italiane nominata dal governo per il rinnovo dei vertici delle principali società partecipate dal Tesoro è infatti l’attuale numero uno di Poste Vita e Poste Assicura. Con lei arriverà in Poste anche un nuovo amministratore delegato, Matteo Del Fante, in sostituzione di Francesco Caio. La decisione sulle nuove nomine verrà sottoposta ai soci in occasione dell’assemblea del 27 aprile.

IL NODO DEGLI SPORTELLI

Oltre che verso investimenti nei settori a più alta redditività, gli sforzi di Caio per invertire la rotta di Poste italiane si sono concentrati in un rincaro delle tariffe e una parallela riduzione dei servizi, con la previsione della chiusura degli sportelli meno redditizi. Sotto questo punto di vista, il piano industriale 2015-2019, come ha dichiarato recentemente il manager “sta rallentando per essere quasi fermato”. L’intenzione di Caio, che in vista delle nomine potrebbe essersi giocato questa carta per risultare più convincente agli occhi del governo, poco propenso alla privatizzazione ma con un occhio più attento al servizio universale, sarebbe stata addirittura quella di salvare anche gli sportelli dei comuni più piccoli. “Abbiamo preso un impegno con il Mise per mantenere gli uffici postali nei Comuni sotto i 5 mila abitanti”, ha spiegato Caio.

I COSTI UNIVERSALI

A spingere il gruppo a ripensare il servizio universale, prevedendo anche la consegna a giorni alterni per il 25% della popolazione, sono stati il calo della domanda, gli elevati costi fissi legati alla difficoltà geografica per raggiungere fisicamente alcune aree del Paese e i graduali tagli della remunerazione riconosciuta dallo Stato per il servizio universale. “Il settore recapiti ha pesato sulla forte contrazione dei margini e dell’utile nel bilancio 2014 appena approvato. E questo perché cittadini e imprese usano sempre meno la corrispondenza”, ha detto fin dal suo arrivo in Poste l’ex numero uno di Avio.

Nel 2016 la positiva performance delle assicurazioni e la tenuta del comparto finanziario, che nel 2016 ha generato ricavi per 5,3 miliardi – si legge nel comunicato ufficiale – “hanno più che compensato l’attesa flessione dei ricavi da servizi postali e commerciali (-1,5% a € 3,8 miliardi), indotta principalmente dalla riduzione dei volumi sulla corrispondenza (-10,9%), e comunque in rallentamento rispetto al precedente esercizio.

Caio ha sottolineato che “l’esercizio 2016 ha beneficiato degli effetti degli adeguamenti tariffari introdotti a partire da dicembre 2014 e dalla rilevazione di compensi (€ 109 milioni) a parziale copertura dell’onere del Servizio Universale, sospesi in esercizi precedenti e previsti da nuovi stanziamenti nel Bilancio dello Stato dovuti ai pregressi impegni contrattuali del Ministero dell’Economia e delle Finanze”. Rallentamento che la società imputa all’avvio “della messa in atto di azioni manageriali finalizzate al miglioramento della qualità dei servizi postali tradizionali e all’efficientamento dei relativi processi industriali”.

I DIVIDENDI

Come annunciato al momento della quotazione avvenuta a fine 2015, alla presentazione della Relazione finanziaria annuale 2016 il gruppo ha confermato che anche per il 2016 l’azienda distribuirà un dividendo equivalente all’80% dell’utile netto pari a € 0,39 per azione in crescita del 15%. Ma per il Sole 24 Ore “nella fase intermedia, dunque nei prossimi due-tre anni, potrebbe essere più complicato garantire una politica di dividendi in crescita”.
Il quotidiano non esclude la possibilità che il nuovo management possa decidere di rivedere in maniera peggiorativa la politica dei dividendi: “Remake del business plan e pulizia di bilancio potrebbero ora intaccare l’utile 2017, e di conseguenza costringere a rivedere al ribasso la cedola rispetto a quella pagata per il 2016 (497 milioni il monte dividendi, 0,39 euro il dividendo per azione). Solo congetture al momento. Ma verosimili”, ha scritto Laura Serafini del Sole.

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