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Vi spiego obiettivi e limiti dell’imposta (che non è una flat tax) per i non residenti

Padoan

In Europa si sta da anni combattendo una guerra fratricida e silenziosa, senza l’utilizzo di armi o spargimento di sangue, ma fatti di sconti, aliquote ridotte ed accordi fiscali per attrarre (e sottrarre) capitali, grandi patrimoni e holding dei grandi gruppi mondiali.

La flat tax per i neo residenti è forse il primo piccolo segnale che dà il nostro Paese in questa competizione che ci ha visto per troppo tempo soccombere inermi, sotto i colpi soprattutto di Irlanda, Regno Unito ed Olanda.

Anche se va molto di moda il termine, non si tratta propriamente di una flat tax ma di un tributo capitario (essendo fisso per tutti indipendentemente dal reddito prodotto) di 100.000 euro per ogni neo residente in Italia, compresi cittadini italiani residenti all’estero, con la possibilità di estendere l’applicazione anche i familiari pagando 25.000 euro per ognuno di esso.

Unico requisito stabilito è che potrà usufruire di questa tassazione solo chi è residente all’estero da almeno 9 periodi d’imposta negli ultimi 10 anni che precedono l’applicazione.

Prima del versamento dell’imposta va però presentata un’istanza all’Agenzia delle Entrate che una volta verificato il dettagliato questionario richiesto, autorizza o meno il neo residente a versare l’imposta fissa.

E’ chiaro che questo provvedimento presenta molti profili di criticità e di incompatibilità sia con la nostra Costituzione che prevede l’uguaglianza (anche fiscale) di tutti i cittadini e stabilisce il principio di capacità contributiva, sia con gli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia ma quella che stiamo affrontando è una battaglia da anni senza esclusione di colpi e per colpa della crisi economica una guerra anche per la sopravvivenza.

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