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Cosa penso delle baruffe sui vitalizi dei parlamentari

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Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, candidato alle primarie per la segreteria del Partito Democratico in opposizione a Renzi, ha lanciato una proposta molto seria sui costi della politica e sugli appannaggi agli eletti a cariche pubbliche. Eliminare qualsiasi forma di riconoscimento economico periodico (stipendio) per gli eletti e introdurre indennizzi solo per coloro che, impegnati in attività professionali, lavorative, manageriali lasciano i loro impieghi per esercitare il ruolo di rappresentanti del popolo. Ne scaturirebbero indubbi benefici non solo dal punto di vista della spesa per finanziare le attività istituzionali, ma ci sarebbe una selezione severa della classe dirigente politica, che indurrebbe gente improvvisata o addirittura senza arte né parte, a non avvicinarsi alla politica per ricavarne vantaggi personali.

Lo stracciarsi le vesti a scena aperta di Luigi Di Maio del M5S a proposito della questione abolizione pensioni dei parlamentari è solo una scelta propagandistica, per solleticare la pancia degli elettori: vecchio qualunquismo, becero populismo, demagogia da supermercato. È strano che un movimento politico alternativo e di protesta non si accorga, invece, dell’esistenza della vicenda più urgente che riguarda gli alti stipendi di deputati e senatori. Perché oggi un parlamentare deve intascare 15.000€ al mese se sta a Roma appena tre giorni a settimana, quali spese deve affrontare perché percepisca uno stipendio così elevato, considerato che non ha un elettorato o collegio da seguire, visto che viene eletto in liste bloccate senza preferenze? Questo sì che è un vero privilegio. Non “medievale” ma contemporaneo, nel “medioevo” le cose si facevano con competenza e serietà, caro Di Maio. Allora, anziché vedere la pagliuzza nell’altrui occhio meglio guardare la trave nel proprio.

Chi ha davvero oneste intenzioni di voler ridurre i costi o privilegi della politica metta mano all’intera materia, che riguarda il trattamento economico e pensionistico degli eletti del popolo in Parlamento non solo, ma anche nella giungla dei vari capitoli di spesa riferiti agli emolumenti dei designati nelle partecipate locali, nelle aziende di Stato, nelle ASL, nei posti di sottogoverno in generale. Andare a colpire l’anello più debole della catena come il parlamentare che a 65 anni guadagnerà 950€ sembra più una operazione vile che una originale scelta di giustizia sociale. Il M5S, tramite i suoi rappresentanti più noti, non può immaginare di andare al governo chiedendo agli elettori d’essere votato perché si eliminano le pensioni future dei parlamentari, la questione morale è più ampia. Non può certo fermarsi ai compensi economici dei politici, aspetto del resto trasparente perché regolamentato da leggi.

Agli italiani forse interesserebbe conoscere più come funziona l’amministrazione ordinaria al Comune di Roma; la disciplina delle convenzioni, degli appalti per la costruzione del nuovo stadio della Roma, considerato che dopo i comunicati stampa dei giorni passati è calato il silenzio; come avviene la composizione delle liste “grilline” per ogni tipo di elezione nelle varie regioni d’Italia; come funzionano le procedure online per iscriversi al M5S e per esprimere il voto sulle varie questioni. Capire meglio cos’è questo famoso reddito di cittadinanza: un sussidio una tantum, una mancia, un assegno a vita? E comunque, sia l’abolizione dei compensi ai parlamentari, sia l’intesa per lo stadio a Roma, sia il reddito di cittadinanza non bastano al M5S per presentarsi agli elettori come nuova forza di governo.

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