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Ecco i mormorii cattolici in America su Donald Trump

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Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non ha ancora inoltrato una richiesta ufficiale di incontro con papa Francesco nei giorni in cui, nel prossimo maggio, verrà in Italia. Eppure il loro incontro è già cominciato. Le parole di papa Francesco il presidente di Stati Uniti le ha sentite nei mormorii della folla che, fatto mai successo nei tempi recenti, non riusciva a entrare nella sala della cappella gotica- 600 posti a sedere-  dove il New York’s Union Theological Seminary  tiene le sue riunioni mensili sulla giustizia sociale. Quei mormorii erano gli stessi dei mille studenti che proprio nei giorni del suo insediamento non riuscirono a trovare posto nell’aula magna dell’Upper Manhattan graduate School, dove si parlava di detenzioni di massa. La pastora Serene Jones, che presiede quella scuola da nove anni, ha detto di non aver mai visto nulla di simile.

Sono voci di un mondo religioso variegato, disomogeneo, ma che hanno trovato proprio nell’elezione di Trump e nel messaggio di papa Francesco due nuovi “collanti”. Patrick Hornbeck II, preside del dipartimento di teologia della Fordham University, dei gesuiti, ha dichiarato al riguardo alla Reuters: “è un piccolo segreto della politica americana che questo orientamento religioso esiste da sempre, ma non ha saputo organizzarsi.” C’è voluto un trauma, o qualcosa percepito come tale, per riuscirci? L’impressione può essere confermata dalla crescita esponenziale delle congregazioni o altre realtà ecclesiali che hanno offerto riparo ai migranti irregolari o richiedenti asilo. Prima del voto erano 400 istituti, ora sono più del doppio. E i 300 preti che hanno voluto farsi vedere al Senato in chiara ostilità alla nomina di Jeff Sessions, per le sue controverse dichiarazioni sulla razza, lo confermano. I loro non erano mormorii, ma anche questo è un fatto senza precedenti… Chi ha mai visto trecento preti radunarsi presso un Senato per dare voce al dissenso nei confronti di una nomina governativa?

Lo stesso si può dire delle donazioni al gruppo per l’impegno cristiano nella giustizia sociale Sojourners. Non sono mai state poche, ma un incremento di oltre il 30% nel breve volgere di pochi mesi forse non lo immaginavano possibile neanche loro.

Ma la voce del suo possibile interlocutore romano il presidente Trump la sente certamente nel mormorio senza precedenti che incrocia e unisce chiese, sinagoghe e moschee americane. Tutto è cominciato con le profanazioni dei cimiteri ebraici, che l’amministrazione Trump ha tardato a riconoscere come un inquietante rigurgito di antisemitismo. La mobilitazione e raccolta fondi da parte di musulmani americani in favore dei centri culturali e delle istituzioni ebraiche colpite è stata immediata e considerevole.

Si può essere certi che quando Trump verrà a Roma il suo colloquio con papa Francesco continuerà. In America certamente. A Roma ancora non lo sappiamo.

 

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