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E adesso riapriamo il cantiere Europa

europa, Joseph Muscat (premier Malta), Donald Tusk (Presidente Consiglio europeo), Angela Merkel e Paolo Gentiloni

Forse ci siamo! In uno dei suoi momenti più bui del dopo guerra, l’Europa, in forte crisi di identità, sembrava persa; da tempo era ormai rimasta esanime a terra di fronte a problemi di estrema gravità. Eppure, come già in altre occasioni, ieri, a Roma, nel suo 60° compleanno, ha sorpreso tutti, ha provato a rialzarsi, sollevando la testa ed approvando una Dichiarazione sulla quale nessuno avrebbe scommesso fino a qualche mese fa; ciò grazie principalmente all’azione dell’Italia ed al sostegno di pochi altri Paesi. Una dichiarazione piena di impegni importanti, alcuni dei quali insperati:

– realizzare un’Europa Sociale, basata su una crescita sostenibile, per favorire il progresso economico e sociale, la coesione, la convergenza, i diritti e le pari opportunità per tutti; lotta alla  disoccupazione, alle discriminazioni, all’esclusione sociale ed alla povertà! (bellissimi ed importanti impegni… anche se presi non per la prima volta…)

– rafforzare la sicurezza, la difesa comune e la protezione delle frontiere esterne;

– fare una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, mantenendo la libera circolazione dei cittadini dell’UE;

– completare l’Unione Economica e Monetaria;

– agire, a ritmi (velocità?) e con intensità diversi, se necessario;

– dare ascolto alle preoccupazioni dei propri cittadini;

– promuovere un processo decisionale democratico efficace e trasparente per conseguire migliori risultati;

– rendere l’Europa più forte sulla scena globale.

Un bel programma. Possiamo dire che c’è tutto, o quasi, a livello di impegni e di scelte tra le più importanti, fondamentali e necessarie all’Unione; scelte che abbiamo sentito altre volte e che aspettano da tempo di essere realizzate, troppo tempo. La novità sta nel fatto, come dicevamo, che dopo mesi ed anni di  paralisi, l’Unione è riuscita, dopo parecchio tempo, a battere un colpo, un colpo che ci sembra importante e, forse, bello, proprio perché insperato: una vera e propria boccata di ossigeno per tutti quelli che aspettavano che qualcosa accadesse. Così come ci sembra importante, tra le varie cose, anche se molto timida, l’ammissione che, “se necessario” si può procedere con una pattuglia di paesi inferiore ai 27 “canonici”; cosa che, in realtà, com’è ben noto, avviene già da tempo su diverse materie. Comunque “necessario” lo è, eccome se non lo è; anzi è indispensabile partire in fretta, tra chi è d’accordo, sulla gran parte delle scelte presenti nella dichiarazione. Non si può perdere altro tempo. Se c’è una cosa che l’Ue ed i governi dell’Unione non si possono più permettere, è quella di continuare a illudersi che bastano le dichiarazioni, anche se belle e ricche di buoni propositi, per continuare ad andare avanti, come è avvenuto spesso nel passato, anche recente, ignorando le condizioni, a volte disperate, della propria gente.

Quella di ieri, (la dichiarazione) sia per le circostanze, sia per il luogo dove è avvenuta, non può andare delusa: potrebbe rappresentare un rischio mortale per l’Unione. In più bisogna tener presente che l’Europa, quella attuale, pur con le sue debolezze, non va data per scontata. Anzi diventa più attraente quando non c’è o c’è il rischio di  perderla, come ha dimostrato la manifestazione avvenuta a Londra ieri, nonostante la Brexit, o come ha dimostrato l’esiguità delle manifestazioni di Roma organizzate “contro” l’Europa. Al contrario, sono state molto partecipate, e ricche di contenuti, quelle organizzate dagli “Europeisti” di varia natura, italiani e non solo, che hanno visto coinvolte migliaia di persone di ogni età e  provenienza sociale, con molti giovani, diverse organizzazioni, le più disparate, scese  in piazza a chiedere all’Europa di “cambiare rotta“. Un  movimento con un ricco patrimonio, da non disperdere, anzi da far crescere e diffondere, che deve dotarsi di pochi e chiari obiettivi comuni, per rafforzare la propria azione, tallonare  i governi e  l’UE, affinché fissino una tabella di marcia per realizzare quanto hanno deciso a Roma. Cosa che manca di fatto  nella dichiarazione, un limite grave!

Avremmo preferito che il testo contenesse il succo di quanto detto dal Presidente del Consiglio Italiano e dal Presidente della Repubblica, sulla necessità, cioè,  di una vera e propria “fase costituente” per raccogliere e realizzare  quanto scritto nella dichiarazione,  al fine di dotare i paesi dell’Unione, che lo desiderano, di strumenti e di organi capaci di decidere, dando vita al “processo  decisionale democratico”, come sottoscritto dai capi di Stato e di governo.  Riteniamo cioè, che insieme  all’avvio e alla rapida messa in atto di alcune delle politiche su-indicate, si avviino, contemporaneamente, le procedure per dare gambe politiche all’Eurozona, sul modello federale della stessa Bce, come nucleo da cui ripartire per eventuali  futuri allargamenti.

Ci sono stati decine di seminari e di dibattiti nell’ultima settimana a Roma. Ho sentito critiche, preoccupazioni, paure, ma anche speranze, proposte, tantissime proposte, sia sulle politiche che l’Uedovrebbe attuare, sia sulla necessità di farla progredire sul piano dell’integrazione politico-istituzionale.  Il bello è che molte delle proposte che ho sentito o discusso, le ho ascoltate anche  dai rappresentanti delle istituzioni europee e dei  governi, come dimostra  la stessa dichiarazione di Roma.  Mi sembra che ci sia  qualcosa che non va in questo: passi per noi “europeisti”, che non abbiamo gli strumenti ed il potere per agire, ma perché coloro che invece  gli strumenti ed il mandato per decidere ce l’hanno, alla fine non lo fanno, pur dichiarandosi d’accordo? Credo che qui stia l’equivoco e, contemporaneamente,  la leva per agire; tutti noi abbiamo il dovere di farlo e di batterci affinché anche l’ultima “Dichiarazione” di Roma non  resti tale.

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