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Cosa penso di Wikileaks e degli hacker di servizio

wikileaks

Qualcuno crede alla favola degli hacker che con competenza autodidattica attaccano il mondo? Una decina d’anni fa dopo una conversazione con il responsabile della sicurezza informatica di una over-the-top gli chiesi come uno studente di materie storico-umanistiche passasse ad un lavoro come il suo.

Con qualche reticenza e rossore mi confermò (con una mezza frase) che era stato arruolato dopo alcuni tentativi personali di hackeraggio di importanti istituzioni. Ammise cioè che un giovane aspirante hacker in occidente (in Cina ci sono appositi corsi universitari) viene immediatamente messo sotto osservazione da servizi e companies (solitamente a braccetto) e spesso gli viene offerto un lavoro ben pagato.

L’aspirante hacker viene monitorato e o viene “adottato” da qualcuno o non ha chances nel settore. Cioè o si fa valorizzare o cambia mestiere. Fa ridere la storia di soggetti che fanno autonomamente hackeraggio in quanto, nonostante la presunta autonomia, sono in realtà controllati, foraggiati e aiutati (e poi magari mollati o denunciati) da servizi segreti.

Questa è la prassi in quanto raramente un servizio segreto dichiara ufficialmente attività di hackeraggio. Spesso addirittura più che lotte tra servizi si tratta di iniziative autonome legate a organismi, magari di uno stesso Paese ma in lotta tra loro o a cordate interne ad un singolo servizio che raramente regolano ufficialmente i conti tra loro. È come se una squadra nazionale avesse diverse rappresentative non proprio collaboranti e addirittura all’interno di ogni rappresentativa ci fossero cordate rivali. I motori sono i soliti cioè il potere e ai piani più bassi (ma non troppo) il denaro.

Così è probabile che il reiterarsi di Wikileaks nasca da faide interne che poco hanno a che vedere con interferenze straniere, veri specchietti per le allodole. Le sedici (più o meno) agenzie americane che hanno a che fare con la cybersecurity spaziano in tutti i settori, ma i loro legami sono strettissimi anche con l’industria. Con dimensioni più ridotte che in altri Paesi, anche da noi la sicurezza tocca con diversa efficacia il mondo economico.

Nel nostro piccolo la sicurezza interna e il controspionaggio, pur con qualche pesante partnership, hanno una riconosciuta forza mentre si è ridotta la capacità di penetrazione e protezione nel settore economico. La politica infatti ha mostrato una incredibile miopia se pensiamo a quella che era la mitica presenza dell’ENI di Mattei. Rispetto alla Francia i nostri servizi sono sicuramente più efficaci in diversi settori, ma nel settore economico-industriale i transalpini mantengono un’alta aggressività con grandi risultati.

Quei risultati che da qualche anno mancano in qualificati settori dell’industria nazionale.

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